Licenziamenti, economici, scelte datoriali insindacabili
La Corte di cassazione, con la senetnza 25201/2016 interpreta come si deve le norme sul giustificato motivo di licenziamento sul quale sono state scritte, ormai da anni, inesattezze ( si veda «Il Sole 24 Ore» del 9 e del 31 dicembre).
La nozione di licenziamento per giustificato motivo oggettivo motivo con preavviso è determinato da un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro ovvero da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa».
Nella prima parte della norma (un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro) si definisce il giustificato motivo soggettivo (si badi, non la giusta causa, che è altra nozione contenuta nell’articolo 2119 del Codice civile). La seconda parte, invece, definisce il giustificato motivo oggettivo di licenziamento: ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Come si vede, la norma non fa affatto riferimento alle condizioni economiche dell’azienda. Al contrario, la norma si riferisce proprio all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al suo efficientamento (il regolare funzionamento) ed è sempre stata interpretata nel senso che l’impresa non aveva più bisogno di quell’attività o di quel posto di lavoro, semplicemente per sua scelta insindacabile. Negli anni ’70, sui manuali di diritto del lavoro per l’Università si faceva proprio l’esempio dell’acquisto di un nuovo macchinario che determinasse l’esigenza di ridurre la mano d’opera. E così la norma è stata sempre interpretata ed ogni altra interpretazione appare, come osserva la Corte di cassazione, come contraria alla legge ed alla Costituzione il cui articolo 41 riconosce espressamente il diritto dell’imprenditore anche di determinare la dimensione della sua organizzazione e di creare efficienza. Si tratta di un punto fondamentale. L’incertezza, su questo punto, fa male al sistema delle imprese e, in ultima analisi, all’economia del Paese. Speriamo, adesso, che tutti i giudici di merito (Tribunali e Corti d’appello) si adeguino, come è loro dovere, alla decisione della Corte suprema.