Caccia ai crediti di fine mandato
Alla scadenza è spesso difficile calcolare le somme che eventualmente sono state anticipate L’amministratore può chiedere una Ctu per avere maggiori certezze
pL’amministratore che si trovi a dover recuperare un credito, alla fine del mandato, nei confronti del condominio ha davanti a sé varie scelte processuali. La “strada” principale da percorrere potrebbe essere quella di instaurare (inutilmente espletato il tentativo di mediazione) un giudizio ordinario notificando atto di citazione: nel giudizio l’attore (cioè l’amministratore stesso) dovrà fornire piena prova del proprio credito, parte segue necessariamente (salvo casi eccezionali) la condanna “alle spese di lite”, il che può costituire un aggravio anche notevole per chi abbia inopinatamente promosso un giudizio, l’amministratore che abbia qualche difficoltà a ricostruire (e soprattutto a fornire prova) il credito esatto vantato nei confronti dello stabile già amministrato, per evitare il rischio di una causa ordinaria può ricorrere a uno strumento processuale di relativamente (anno 2005) recente introduzione.
Si tratta dell’articolo 696 bis del Codice di procedura civile, che prevede che «l’espletamento di una consulenza tecnica in via preventiva può essere richiesto (…) ai fini dell’accertamento e della relativa determinazione di crediti derivanti dalla mancata o inesatta esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito».
In questo tipo di procedimento, in sostanza, qualora il giudice ammetta la richiesta di parte ricorrente, verrà dato incarico a un perito di ufficio di rispondere a un quesito vertente sulla esistenza o meno del credito reclamato dall’attore e sulla entità dello stesso.
Tale istituto, al quale l’amministratore potrebbe essere interessato a ricorrere qualora non sia per lui agevole fornire piena prova del proprio credito, presenta svariati vantaggi consistenti, anzitutto, nei minori costi da affrontare rispetto a quelli di un giudizio ordinario.
In altre parole il giudice, alla fine del procedimento basato sull’articolo 696 bis, non emetterà alcuna sentenza od ordinanza ma anzi il giudizio si concluderà semplicemente con il deposito del proprio elaborato (contenente la risposta al quesito formulatogli dal tribunale) da parte del perito incaricato (che le parti possono fare coadiuvare da un proprio tecnico di fiducia).
Per quanto il giudizio non si concluda con una condanna, il che potrebbe sembrare limitativo per le ragioni fatte valere dal ricorrente, è anche vero che il ricorrente, una volta che l’esistenza di un credito in suo favore sia stato confermato dalla perizia disposta dal Tribunale, potrà instaurare un giudizio ordinario (probabilmente ricorrendo alle forme abbreviate di cui all’articolo 702 bis del Codice di procedura civile) avendo la quasi certezza di vedere accolte le proprie richieste.
Occorre dire, inoltre, che l’articolo 696 bis del Codice di procedura civile prevede anche l’obbligo per il perito di ufficio di tentare la conciliazione tra le parti, il che potrebbe portare a una transazione che renderebbe inutile il depo-
IL TRIBUNALE Potrebbe respingere il ricorso per la consulenza tecnica e bloccare la perizia se la domanda dell’amministratore risulta priva di credibilità