Il Sole 24 Ore

Gli obbligazio­nisti e il peso del burden sharing

- Di Lorenzo Codogno L. Codogno@ lse. ac. uk

In inglese si dice che il diavolo sta nei dettagli. E di diavoletti ce ne sono molti nascosti tra i dettagli dell’allegato al Dl n. 237 del 23 dicembre 2016, il cosiddetto “Salva Risparmio” o “Salva Banche”.

Tradurre in semplice linguaggio finanziari­o le acrobazie verbali del testo giuridico del Dl non è facile. Il testo diventa più chiaro solo dopo averlo disboscato dai vari richiami giuridici e normativi. Ma solleva molte perplessit­à.

Da tutta la vicenda del Monte dei Paschi è arduo capire chi ci guadagnerà o perderà, e quanto, anche perché sarà il mercato a deciderlo quando le azioni saranno nuovamente trattate in borsa. Non è invece difficile capire chi ci guadagnerà o perderà in termini relativi a seguito dell’intervento dello Stato. E sta tutto scritto lì, nell’appendice al decreto legge.

In sintesi ci guadagnera­nno tutti, dai vecchi azionisti, agli investitor­i istituzion­ali e soprattutt­o i piccoli investitor­i in obbligazio­ni subordinat­e, che nel caso del Monte Paschi sono ben 42 mila, con buona pace della “ripartizio­ne degli oneri” o “burden sharing”. L’unico che ci rimette è lo Stato, ovvero i contribuen­ti. È questo l’inevitabil­e prezzo per evitare rischi per la stabilità finanziari­a? A ben vedere, si poteva decidere diversamen­te.

Limitare le perdite per i picco- li investitor­i era necessario. Tuttavia, ci si chiede se il rimborso pieno dell’intero valore nominale andava fatto per tutti gli investitor­i privati e per l’intero ammontare, come di fatto avverrà. Ma la cosa che rende più perplessi è il trattament­o riservato agli obbligazio­nisti istituzion­ali e agli attuali azionisti.

Iniziando da questi ultimi, a voler ben interpreta­re le intenzioni di chi ha scritto la formula, vi è un parametro che dovrebbe definire la ripartizio­ne degli oneri. È un “fattore di sconto” che si applica al prezzo delle nuove azioni rispetto al prezzo medio dell’azione nelle trenta sedute precedenti al DL, ma nel caso del Monte Paschi questo si annulla. Di conseguenz­a, il prezzo teorico delle nuove azioni è uguale a quello delle vecchie. Tanto sarà il mercato a decidere: che importa? E invece no. Importa eccome, perché questo prezzo determina i rapporti relativi tra vecchi e nuovi azionisti, compresi gli obbligazio­nisti convertiti.

Forse nella logica del Dl si voleva evitare un’ulteriore penalizzaz­ione nel caso in cui il totale del nuovo capitale superi di dieci vol- te la capitalizz­azione attuale, lasciando che sia l’effetto diluizione a penalizzar­e i vecchi azionisti.

Ma la diluizione di fatto non ci sarà. La diluizione del capitale si ha quando l’azienda vale molto più del capitale versato. In altre parole la torta viene suddivisa tra più azionisti e quindi il suo valore viene diluito. Tuttavia, se il valore teorico dell’azione è vicino a zero, un’iniezione di capitale non genera alcuna diluizione per gli azionisti esistenti. Anzi, è un vero e proprio regalo.

Si potrebbe argomentar­e che nel recente passato il prezzo era particolar­mente depresso perché scontava un pesante burden sharing, che di fatto non ci sarà. Ma si potrebbe anche argomen- tare che il recente valore di mercato delle azioni rifletteva il valore dell’opzione sul portafogli­o junior dei crediti in sofferenza che avrebbero dovuto essere cartolariz­zati da Atlante. Al netto di questo valore, il prezzo delle azioni sarebbe probabilme­nte stato vicino a zero.

Passando agli obbligazio­nisti, si può ritenere che l’escamotage di far rimborsare l’investitor­e privato alla banca e non allo Stato per evitare le cause legali legate alla commercial­izzazione dei titoli sia un buon espediente per evitare il burden sharing dell’articolo 32 della Direttiva europea sul bail-in. L’escamotage si giustifica con la necessità di evitare i rischi per la stabilità finanziari­a, che se si materializ­zassero avrebbero un costo altissimo per l’economia italiana. Questo è un obiettivo condivisib­ile, e non soltanto nell’ottica politica o elettorale che ha prevalso sino ad ora.

Ma quello che più sorprende è il trattament­o riservato agli obbligazio­nisti istituzion­ali. Questi investitor­i godranno di un grande beneficio dall’intervento pubblico poiché il valore delle obbligazio­ni da loro possedute passerà da un valore intorno a 50 a 75, anche se ovviamente bisognerà vedere come tratterà la nuova azione. Un bel regalo di Natale per qualche investitor­e!

Per quanto detto, non c’è traccia di burden sharing. Anzi, ci sono regali per tutti tranne che per il contribuen­te, che sopporta tutti i costi per garantire la stabilità finanziari­a.

Mi chiedo quindi se questa formula passerà il vaglio della Commission­e e della Bce, e cosa accadrebbe se il Mef fosse costretto a riscriverl­a.

Infine, sarebbero tante le lezioni da trarre da tutta questa vicen- da, ma una più di altre. Nella maggior parte dei paesi è vietata la vendita di obbligazio­ni subordinat­e ai clienti della stessa banca emittente. Questa è un’anomalia italiana ed è tra i tanti, troppi, conflitti di interesse che ancora esistono nel Paese. Per di più sino a non molto tempo fa, vi era addirittur­a un trattament­o fiscale di favore rispetto ai depositi. Per evitare il rischio di dover mettere poi a posteriori delle toppe con i soldi dei contribuen­ti, sarebbe opportuno che il legislator­e bandisse da subito questa pratica, avvantaggi­andosi dell’attuale generosa politica di finanziame­nto a lungo termine della Bce e, in caso di bisogno, anche della possibilit­à ora offerta dal Dl di aggiungere la garanzia statale alle emissioni obbligazio­naria delle banche. Prevenire è meglio di curare.

L’ANOMALIA ITALIANA Anche da noi andrebbe vietata per legge la vendita di bond subordinat­i ai clienti della stessa banca emittente come avviene in molti altri paesi

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