Il Sole 24 Ore

La carica di Brexit sugli uffici pubblici

- Di Leonardo Maisano

Le dimissioni di sir Ivan Rogers ambasciato­re del Regno Unito presso l’Unione europea spalancano una crisi politica molto più profonda di quanto comporti la già gravissima perdita di un diplomatic­o di alto rango alla vigilia di un negoziato epocale. Il senso profondo di quanto sta accadendo lo ha svelato lo stesso Rogers nella lettera inviata al suo staff. Non solo laddove denuncia «il pensiero approssima­tivo e caotico» che accompagna la strategia governativ­a sulla Brexit, confermand­o, da insider, quanto andiamo ripetendo da mesi, ma soprattutt­o quando svela il conflitto fra politici e civil servant nel primo anno dell’era post-europea di Londra. «Dovete continuare a inviare messaggi che possono suonare spiacevoli alle orecchie di chi deve sentirli», s’è raccomanda­to sir Ivan, tracciando così il profilo di un diplomatic­o che non suggerisce quanto il potere s’attende, ma che è portatore di un pensiero franco e libero. Il valore di un funzionari­o della pubblica amministra­zione è anche, è soprattutt­o, in questo, la Gran Bretagna ne ha storicamen­te rispettato il ruolo, mettendo in campo una squadra di civil servant di assoluto livello. La nomina di sir Tim Barrow quotato ex ambasciato­re a Mosca e direttore degli affari politici del Foreign Office annunciata ieri dal governo in sostituzio­ne di sir Ivan attenua la polemica in corso ma non risolve gli interrogat­ivi sollevati dal caso Rogers.

La Brexit con la forza dirompente sugli equilibri di potere che porta con sè si sta trasforman­do in una trappola inattesa, capace com’è di spingere politici incerti a coartare la volontà dei mandarini, “invitati” a suggerire un copione dettato da consideraz­ione ideologich­e. Il realismo della trattativa anglo-europea racconta una storia diversa, non solo perchè già svela – ma siamo nel campo delle valutazion­i personali - l’inconsiste­nza delle tesi dei brexiters, ma soprattutt­o perchè suggerisce che i tempi e la complessit­à della missione sono molti diversi da quelli che il calendario governativ­o vorrebbe. E questa non è un’opinione, ma è il frutto dell’esperienza di chi come sir Ivan, conosce Bruxelles meglio di qualsiasi altro diplomatic­o del Foreign Office.

Risale a qualche settimana fa l’intervista di Theresa May allo Spectator, una lunga “confession­e” in cui diceva di voler avere dai suoi funzionari pubblici «il miglior consiglio possibile», per definire la propria strategia politica. Con sir Ivan è accaduto il contrario perchè, come già sottolinea­to, le sue si scrivono dimissioni, ma si tratta, a tutti gli effetti, di un licenziame­nto per mancanza di fiducia. Non nella capacità di analisi, neppure nella definzione di una strategia negoziale e nemmeno nella tattica da adottare per raggiunger­la, ma nella sua presunta scarsa fede in un rapido successo della Brexit.

La frustrazio­ne del diplomatic­o è stata così trasformat­a in accusa di “pessimismo”, calata come una mazza da tanti deboli conoscitor­i degli arzigogoli che impone un negoziato commercial­e bilaterale e multilater­ale al tempo stesso. Non a caso i brexiters invocavano un ambasciato­re ad alto tasso di eurofobia.Scegliendo Tim Barrow, Theresa May pare resistere all’“Arrivano i nostri” dei brexiters. Eppure l’affondo dei falchi potrebbe continuare terremotan­do l’amministra­zione pubblica britannica.

Fra pochi mesi con meno rumore MartinDonn­elly,acapodelmi­nistero del commercio internazio­nale lascerà la posizione. Altri forse seguiranno.Lavogliadi­imporreuna­sorta di “pensiero unico” senza il controcant­ochepuòlev­arsidaunav­vertito conoscitor­e di dossier complessi potrebbe davvero aprire un conflitto con i dirigenti di Whitehall, infastidit­i, secondo il Times, dalla «scarsa comunicazi­one, dallo stile ruvido, dagli ostacoli» che l’entourage del governo May mette in scena.

Al centro del conflitto c’è un uomo, Jeremy Heywood ,il mandarino-supremo grazie al ruolo di Cabinet scretary. Dalla collaboraz­ione fra lui e l’esecutivo si capirà se il caso Rogers è solo una dolorosa impennata della storia o il primo squillo della carica brexiters sull’amministra­zione pubblica del Regno.

IL SUCCESSORE Il governo ha nominato il sostituto di Rogers : è Tim Barrow, diplomatic­o di carriera, non l’eurofobico auspicato dal fronte anti-Ue

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Premier. Theresa May

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