Spread ai massimi da oltre un mese
Vendite sui BTp, il tasso sfiora il 2%
pVenti centesimi in più in queste prime quattro sedute del 2017 e il rendimento del BTp decennale ha di nuovo messo nel mirino la soglia del 2 per cento. Ieri il titolo del Tesoro si è spinto fino all’1,99% per poi attestarsi all’1,94%, venti centesimi in più appunto rispetto alla chiusura del 2016, ma quello che più conta è che nella stessa giornata il tasso del Bund con la stessa scadenza si è leggermente ridotto e lo spread fra i due è tornato a 169 punti base, cioè ai massimi da inizio dicembre.
Proprio un mese fa, del resto, il BTp era già salito sopra il livello del 2%, rispetto ad allora le motivazioni di quel movimento che ha portato pressoché a raddoppiare il tasso rispetto ai minimi raggiunti in agosto (1,04%) sono leggermente cambiate. Il fattore di incertezza politico legato al nostro Paese, che con buona approssimazione si può misurare attraverso la differenza di trattamento che il mercato riserva ai titoli del Tesoro rispetto ai bonos spagnoli, resta preponderante ma si è sostanzialmente stabilizzato dopo l’avanzata nelle settimane antecedenti al referendum costituzionale, prova ne sia appunto che lo spread Italia-Spagna resta sotto quei 40 punti superati fra novembre e dicembre.
Si è anche affievolito il movimento al rialzo dei tassi a lunga scadenza che a livello globale è andato in scena già a partire da fine estate e si è poi allargato dopo l’elezione di Donald Trump alla presidenza Usa e in concomitanza della stretta monetaria della Federal Reserve. Lo 0,25% a cui si attesta il Bund è infatti ben inferiore allo 0,40% toccato a dicembre e altrettanto può dirsi per il Treasury decennale, che ieri è stato addirittura oggetto di acquisti riducendo il rendimento al 2,36% (dal 2,6% di tre settimane fa).
La differenza invece in questi giorni la fanno i crescenti dubbi del mercato su quanto a lungo la Bce sarà in grado di mantenere l’atteggiamento espansivo dopo i dati in crescita sull’inflazione diffusi in questi giorni per l’Eurozona e soprattutto per la Germania. Come è noto a Francoforte si guarda più alla dinamica di base dei prezzi, che esclude le oscillazioni del petrolio e che viene misurata da quel tasso «core» che resta su livelli di guardia allo 0,9%, non c’è dubbio però che i titoli sparati sulla stampa tedesca (e i commenti di molti analisti) che invitano Mario Draghi ad alzare i tassi subito creino tensione sul mercato. Tanto è vero che ieri era l’intera «periferia» d’Europa a essere venduta, compresa appunto la Spagna e il Portogallo che ha visto risalire i rendimenti a dieci anni sopra il 4 per cento.
Sul resto dei mercati è stata una giornata di sostanziale transizione, con i listini azionari europei che hanno navigato a vista chiudendo sulle posizioni della vigilia (+0,08% il Ftse Mib, +0,03% Parigi, +0,01% Francoforte e +0,27% Madrid), mentre a Wall Street il Dow Jones si è di nuovo allontanato dalla soglia dei 20mila punti che ormai ha nel mirino da quasi un mese. Qualche pressione in quest’ultimo caso potrebbe averla provocata la crescita inferiore al previsto dei posti di lavoro creati negli Stati Uniti nel settore privato a dicembre (153mila anziché gli attesi 168mila), anche se il dato Adp è di gran lunga meno seguito di quello del Ministero del Lavoro di oggi pomeriggio.
Il movimento di maggior rilievo della giornata rischia quindi di essere il passo indietro del dollaro, che ha perso terreno su tutti i fronti scendendo ai minimi da tre settimane su scala globale e portando l’euro a sfiorare quota 1,06. A penalizzare il biglietto verde un mix di fattori che comprende i già citati indicatori sul lavoro Usa, il forte apprezzamento dello yuan offshore (quello meno controllato dalla Banca centrale cinese e più soggetto alle forze di mercato) e non ultime anche le parole della Federal Reserve, che nei verbali dell’ultima riunione di dicembre diffusi due sere fa ha più volte individuato nel rafforzamento eccessivo della valuta uno dei principali fattori di rischio sullo scenario di crescita futuro. L’atteso dato sulla disoccupazione di oggi ci dirà se la tendenza di queste ultime ore potrà trovare conferma.
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