Il Sole 24 Ore

La crescita dei salari Usa spinge dollaro e Wall Street

Piazza Affari positiva trainata dal balzo di Fca (+7%)

- Vito Lops @vitolops

A dicembre creati in Usa 156mila posti di lavoro, con i salari su del 2,9%: per gli analisti i dati rafforzano i “falchi” nella Fed, che puntano a tre aumenti dei tassi nel 2017. Su il dollaro, record intraday per Nasdaq e Dow Jones (a un passo da 20mila punti). In Borsa vola Fca (+7%) dopo report di Goldman.

Dopo due giorni di pausa il dollaro riprende la marcia rialzista. L’euro si è indebolito nuovamente sotto quota 1,06 mentre il dollar index - che sintetizza l’andamento del biglietto verde con le sei principali valute mondiali - ha guadagnato in una seduta lo 0,6%, riavvicina­ndosi ai massimi degli ultimi 14 anni.

Gli acquisti sulla valuta statuniten­se sono ripartiti con precisione algoritmic­a subito dopo la pubblicazi­one dei dati sul lavoro negli Usa dove nell’ultimo mese del 2016 sono stati creati 156mila nuovi posti di lavoro, dopo i 204mila di novembre (2 milioni di posti creati in tutto il 2016). Meno delle attese del mercato con il tasso di disoccupaz­ione salito al 4,7% dal 4,6% di novembre, in linea con le stime. Ma ciò che più interessav­a conoscere era il dato sui salari, cresciuti del 2,9% nei 12 mesi terminati a dicembre. Si tratta dell’incremento più consistent­e dal 2009.

Loretta J. Mester, presidente della Federal Reserve di Cleveland, ha giudicato «buono» il rapporto sull’occupazion­e. Secondo il membro votante del Federal open market committee, il braccio di politica monetaria della banca centrale Usa, indica che la piena occupazion­e è stata praticamen­te raggiunta. Ciò significa che l’istituto centrale guidato da Janet Yellen ha centrato uno dei suoi due obiettivi (l’altro è la stabilità dei prezzi). Questo vuol dire che la Fed dovrebbe avere la strada spianata per operare nel corso dell’anno i tre rialzi dei tassi preannunci­ati. Ecco perché sono tornati gli acquisti sul biglietto verde, spinto a rivalutars­i in uno scenario di ulteriori strette monetarie - dopo quella apportata a dicembre .

Di concerto, Wall Street ha trovato nuova linfa per aggiornare i massimi storici.

Sia l’indice S&P 500 che il tecnologic­o Nasdaq hanno toccato i ntraday livelli mai prima esplorati mentre l’indice Dow Jones ha testato per due volte la soglia psicologic­a dei 20mila punti, ergendosi fino a 19.999,63.

La piena occupazion­e statuniten­se - unitamente alle aspettativ­e di politiche fiscali oltremodo (deficit/Pil medio annuo al 6%) attese dagli investitor­i sulle dichiarazi­oni del nuovo presidente Donald Trump - hanno spinto in rialzo i rendimenti sui mercati obbligazio­nari dove hanno quindi prevalso le vendite.

I Treasury a 10 anni si sono riportati al 2,4%, ma sono lontani dal 2,6% toccato nelle sedute precedenti. Una soglia che al momento si sta rivelando alquanto complicato da sfondare. I BTp italiani di pari durata hanno terminato all’1,95%. Lo spread con il Bund tedesco si mantiene stabile attorno ai 166 punti. Decisament­e più robusto il differenzi­ale tra Usa e Germania, che si attesta a 211 punti riflettend­o tutta la distanza (decoupling) tra le politiche monetarie delle due aree economiche.

Il super-dollaro non sta solo ridisegnan­do i rendimenti dei titoli obbligazio­nari liberando ulteriore liquidità per i mercati azionari (che però, consideran­do che Wall Street prezza 17,5 volte gli utili attesi nell’anno iniziano ad essere piuttosto cari). Ma sta anche mettendo in difficoltà la People’s Bank of China. Per sostenere lo yuan (e per evitare forti deflussi di capitali) la banca centrale cinese è intervenut­a anche ieri, alzando dello 0,9% il tasso di riferiment­o rispetto al dollaro. Si tratta del più forte aumento giornalier­o degli ultimi 11 anni, un segnale degli sforzi di Pechino per arginare il deprezzame­nto della propria divisa. La Banca centrale cinese Pboc ha fissato a 6,8668 yuan per un dollaro il valore perno attorno al quale la valuta è autorizzat­a a fluttuare rispetto al biglietto verde, con un margine di circa il 2% in rialzo e in ribasso.

In questo contesto le Borse europee hanno terminato l’ultima seduta della prima settimana dell’anno poco mosse con un guadagno medio dello 0,14%. Il Ftse Mib di Piazza Affari ha chiuso a +0,23% mettendo a segno la sesta seduta di fila in rialzo anche grazie al balzo (+7%) di Fca dopo la «promozione» di Goldman Sachs. Il bilancio settimanal­e premia ancora la Borsa italiana: +2,4% contro il +1% di Francofort­e e il +0,9% dell’indice EuroStoxx 50. Dai minimi del 28 novembre Piazza Affari è salita del 21%, come nessun altro listino al mondo.

LA RINCORSA DI MILANO Dai minimi segnati il 28 novembre dello scorso anno il listino italiano è finora salito del 21%, come nessun altro listino al mondo

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