Il Sole 24 Ore

Il 2017 sarà l’anno del rilancio e del «tail risk»

Da Trump a Brexit, dalla Fed al voto italiano: che cosa preoccupa i mercati nonostante la ripresa

- Di Isabella Bufacchi

Il 2016 si è chiuso sui mercati con due neologismi pesanti, “Trumponomi­cs” e “Trumpflati­on”, e il 2017 sta iniziando con un altro neologismo, “Tweetanomi­cs” dopo il tracollo delle azioni Toyota per un tweet del neopreside­nte americano. Lo spessore dell’incertezza che pervade i mercati guardando al 2017 è elevato ma insolito perché gli anni bui della Grande Recessione sono alle spalle, la crescita globale non è stellare ma ancorata al 3%, la crescita nei Paesi Ocse tra i quali Usa e Germania poco sotto il 2% ma in lento rafforzame­nto (Italia e Regno Unito attorno all’1%), nei Paesi fuori dall’Ocse poco sopra il 4% (con la Cina in calo dal 7% del 2015 al 5,5% del 2018).

Tuttavia dietro ai neologismi che partono dagli Usa, da quella che resta la locomotiva del mondo, c’è un nuovo trend, una politica senza precedenti, una realtà sconosciut­a. Tutto può succedere: i mercati proprio per questo, sottotracc­ia angosciati da Brexit e preoccupat­i dalle elezioni europee, dal terrorismo e dalla geopolitic­a, con le banche centrali che vanno in ordine sparso e il Qe in crisi esistenzia­le, si stanno preparando per affrontare un'annata di inusuale complessit­à, dove una tendenza di fondo tutto sommato positiva viene minacciata da volatilità, stop-and-go, possibili inversioni di rotta e implacabil­i colpi di scena.

Il 2017 si presenta dunque come l’anno del tail-risk, il Pil cresce ma sotto la scure del rischio estremo, tanto improbabil­e quanto i mprovviso. In ogni outlook 2017 emergono le incognite collegate al rischio del protezioni­smo, del populismo, dell’anti-europeismo, dell’immigrazio­ne, del crescente divario tra i ricchi e i poveri. L’invecchiam­ento della popolazion­e e la rivoluzion­e digitale sembrano ora divenuti meno pressanti, con le loro implicazio­ni, rispetto a nuovi trend in ascesa e forse più destabiliz­zanti.

Llewellyn consulting mette in guardia contro una lunga lista di tail risks mondiali anno 2017: guerra delle valute o tra blocchi nel commercio mondiale; la Yellen lascia la Fed, il twin deficit mina il dollaro Usa; Brexit porta il Regno Unito in recessione e a nuove elezioni con esiti destabiliz­zanti e un caos stile anni ’70; Le Pen sale e Merkel scende e l’euro ritorna a traballare; i rendimenti dei titoli di Stato Usa si impennano ma poi calano, i rendimenti dei periferici europei salgono alle stelle; i mercati emergenti saltano a causa della forza del dollaro Usa e prezzi delle commoditie­s stagnanti (il 10% dei bond societari emergenti denominati nella valuta Usa scade quest’anno per 120 miliardi di dollari) ; scoppio di una bolla speculativ­a in Cina, crisi finanziari­a cinese e forte svalutazio­ne del renminbi; banche centrali con mandati più politici, politiche fiscali galoppanti nell’Ocse.

Il rischio Italia ha un posto di rilievo in questa mappa mondiale in evoluzione e in gran fermento: l’Italia ha il terzo Pil d’Europa che è anche quello che cresce meno, ha il secondo debito/Pil europeo ma naviga a vista in uno scenario politico post-referendum che i mercati non riescono a decifrare e con un programma di riforme struttural­i essenziale per rafforzare la crescita ma incompiuto, incompleto, in stallo e che corre il pericolo di finire in soffitta. L’Italia è centrale per la tenuta dell’euro: il rendimento del BTp decennale ha fatto un salto al rialzo non da poco, dieci centesimi in un giorno, e lo spread si è allargato di qualche punto. Poi la tensione è rientrata. Volatilità in aumento ma gli acquisti del Qe della Bce garantiran­no anche quest’anno una stabilità apparente e di fondo del rischio-Italia.

Il tail-risk dell’Italia è tuttavia labirintic­o per gli investitor­i istituzion­ali esteri, i quali non detengono più una quota di titoli di Stato italiani tale da destabiliz­zare il mercato con il

sell-off come accadde nel 2011, quando il 52% del BTp era in mani straniere e quando furono svendute diverse centinaia di miliardi di euro di Buoni. Il tail-risk italiano è un mix politico ed economico e parte dal rischio di un referendum sul Jobs Act e dalle incognite della riforma elettorale, poi si articola sul rischio di elezioni lampo quest’anno e sull’ascesa del M5S. Il movimento pentastell­ato è un’incognita totale sul programma elettorale e sulla capacità di guidare un paese, è un tail-risk classico per i mercati, che si interrogan­o sugli scenari peggiori possibili dovesse il M5S salire veramente al potere: i mercati si stanno muovendo dando a questo rischio estremo una percentual­e di probabilit­à estremamen­te bassa, quasi nulla. Lo scenario base è comunque problemati­co: il processo delle riforme struttural­i in Italia è visto in rallentame­nto per le ambiguità sul programma di governo dei partiti di centrodest­ra e centrosini­stra. Se il cammino delle riforme dovesse arrestarsi o addirittur­a innestare la retromarci­a, le prospettiv­e di crescita per il Pil italiano già a stento all’1% verrebbero velocement­e riviste al ribasso. La tenuta dei conti pubblici e la soluzione dei problemi bancari vengono dati per fatti acquisiti, garante il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Ma l’Italia è di per sé un tail-risk e resterà sotto osservazio­ne nel 2017. E non solo dalle agenzie di ratinratin­g.

INCOGNITA BELPAESE Nel giudizio sul nostro Paese pesano molte incertezze: dal referendum sul Jobs act alla nuova legge elettorale passando per l’ascesa del M5S

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