Referendum e appalti, rischio contenzioso
Il possibile impatto sulle imprese del quesito sulla responsabilità solidale
pNon c’è solo l’articolo 18, con la richiesta di estendere, nei licenziamenti illegittimi, la tutela reale a partire dalle aziende sopra i cinque dipendenti; o la cancellazione toutcourt dei voucher: il terzo quesito referendario, promosso dalla Cgil, e su cui la Consulta si pronuncerà sulla legittimità il prossimo 11 gennaio, tocca un altro “tema sensibile” della normativa lavoristica, vale a dire la responsabilità solidale tra committente e appaltatore, con il rischio, se accolto, di far tornare le incertezze applicative del passato, esponendo le imprese a contenziosi (senza peraltro aggiungere nuove tutele a favore dei lavoratori).
Il tema è estremamente delicato: riformata dal decreto Biagi del 2003 (il Dlgs 276) la responsabilità solidale negli appalti è tutt’oggi vigente, e, con una serie di interventi successivi, è, nei fatti, estesa a tutta la catena degli appalti e subappalti( per difenderei lavoratori nei casi di inadempimenti legati al rapporto di impiego, ma anche verso gli enti previdenziali- e al tempo stesso per“spronare” l’ impresa committente a scegliere appaltatori seri e solvibili).
Il punto è che fino al 2012 il meccanismo era piuttosto confuso: poteva accadere (anzi nella pratica, succedeva sempre) che il lavorato- re per far valere eventuali ragioni creditorie chiamava in giudizio il solo committente, e non il suo datore di lavoro, cioè l’appaltatore; e all’impresa committente veniva preclusa qualsiasi integrazione del contraddittorio, non potendo citare l’appaltatore, né, peraltro, difendersi vista l’impossibilità per il committente di ingerirsi nel rapporto tra lavoratore e appaltatore. E così, finiva che l’impresa madre era tenuta a pagare direttamente il lavoratore, salvo poi agire in rivalsa nei confronti dell’appaltatore (peraltro, già retribuito per la commessa svolta, e magari non più attivo).
A rendersi conto, indirettamente, delle criticità del meccanismo della responsabilità solidale, specie se estesa a tutta la catena degli appalti, fu per primo il decreto Bersani del 2006, ricorda Riccardo Del Punta, ordinario di diritto del Lavoro all’università di Firenze, che previde una procedura alternativa basata sull’acquisizione di documentazione attestante la regolarità contributiva, che se attuata avrebbe fatto venir meno la responsabilità solidale.
La norma fu poi abrogata prima di entrare in vigore perchè eccessivamente complessa; ma l’idea di attenuare questa “responsabilità oggettiva” in capo al committente (molto spesso abnorme, si pensi, per esempio, che l’eventuale consegna di un Durc in perfetta regola può non escludere che l’appaltatore adoperi lavoratori in nero) è stata ripresa dalla legge Fornero e sono stati introdotti due importanti correttivi: «Da un lato - spiega Arturo Maresca, ordinario di diritto del Lavoro alla Sapienza di Roma - ha concesso alla contrattazione collettiva nazionale di derogare alla responsabilità solidale prevedendo metodi e procedure di controllo della regolarità degli appalti, sostitutivi appunto dalla responsabilità solidale; dall’altro, in sede processuale, ha previsto l’obbligo per il lavoratore di chiamare in giudizio congiuntamente il suo datore e il committente, consentendo a quest’ultimo di chiedere il beneficio della preventiva escussione, in base al quale, cioè, se il giudizio di merito si conclude con una condanna in solido, il lavoratore deve agire in via esecutiva prima nei confronti dell’appaltatore, e solo successivamente, se ri- sulta incapiente, nei confronti del committente».
Ebbene questa normativa, frutto di un equilibrio legislativo tra tutela dei diritti di imprese e lavoratori, è oggi operativa, ma il quesito referendario della Cgil punta ora ad abrogarla: il sindacato guidato da Susanna Camusso chiede infatti, di escludere la possibilità per un Ccnl (un accordo con il sindacato a livello nazionale) di poter derogare la responsabilità solidale negli appalti (ma lascia intatta la facoltà di ottenere la medesima deroga tramite i contratti aziendali e territoriali previsti dall’articolo 8 della legge Sacconi del 2011), e, in generale, propone di abrogare le modifiche apportate dalla Fornero.
Un eventuale ok a queste richieste, se ammesse dalla Consulta, avrebbe l’effetto di far rivevere l’originaria normativa del 2003, gettando nuovamente nell’incertezza gli operatori. Anche perchè, evidenziano gli esperti, per i lavoratori non cambierebbe nulla visto che già oggi sono sufficientemente tutelati pure dal fondo di garanzia presso l’Inps che assicura le ultime tre retribuzioni e il Tfr maturato. Per le imprese committenti, invece, si aprirebbero contenziosi incontrollabili.
Del resto, una dimostrazione dell’utilità di istituti normativi vigenti è arrivata in questi giorni dalla cronaca sui voucher, utilizzati, correttamente, anche dalla stessa Cgil per alcuni volontari in Emilia Romagna: a testimonianza di come lo strumento (sempre migliorabile) serva a tutelare i lavoratori occasionali, contrastando il “nero”.
RITORNO AL PASSATO In caso di vittoria nella consultazione si tornerebbe alle norme del 2003 gettando nell’incertezza gli operatori