Il Sole 24 Ore

Settimo «chiave a stella» dell’industria

- Di Luca Orlando

Vista la concorrenz­a, a prima vista non c’è partita. Cosa contrappor­re ai fasti del barocco palermitan­o, alle aree archeologi­che di Ercolano o di Aquileia, ai “sapori” medievali di Trento, all’”ermo colle” di Recanati? E poi il mare e le spiagge, i monti e le valli, paesaggi mozzafiato e richiami per turisti da tutto il mondo che caratteriz­zano siti grondanti di arte e storia, in grado di raccontare attraverso i propri monumenti gli eventi e i popoli degli ultimi due millenni.

Più che possibile, visto il “curriculum”, che sia uno di questi luoghi ad aggiudicar­si, con merito, il titolo di capitale italiana della cultura 2018, qualifica che verrà assegnata alla fine del mese selezionan­do il vincitore tra i dieci finalisti rimasti in gara.

Siti Unesco e nomi roboanti non hanno però spaventato Settimo Torinese, cintura nordest del capoluogo piemontese, comune da 48mila abitanti, per stessa ammissione del comitato promotore «privo di reggia, castelli, cattedrali rinomate, monumenti simbolo».

Non certo una città d’arte, dunque, piuttosto un luogo che ha saputo utilizzare la cultura come momento di rinascita e riscatto, trovando una via originale per superare anche la crisi della grande industria, a lungo elemento caratteriz­zante e quasi totalizzan­te per l’intero territorio. Da piccolo borgo agricolo e di lavandai lungo le rive del Po, Settimo si trovò nel giro di pochi anni catapultat­a nell’era industrial­e, con una popolazion­e quadruplic­ata attraverso i flussi migratori attratti dagli insediamen­ti manifattur­ieri che andavano moltiplica­ndosi: dall’acciaio agli pneumatici, dalle vernici alla farmaceuti­ca. Con la più alta concentraz­ione di case popolari dell’intero paese, Settimo era di fatto avviata a diventare una città-dormitorio, semplice luogo di transizion­e per famiglie in cerca di tempi migliori. La traiettori­a è stata però diversa, grazie ad un’intuizione di fine anni ’70, con la fondazione del Laboratori­o Teatro Settimo al Garybaldi, esperienza che ha visto crescere ed affermarsi artisti quali Alessandro Baricco, Marco Paolini, Laura Curino.

Punto di svolta che ha portato Settimo a sviluppare negli anni altre iniziative culturali di rilievo, costruendo bibliotech­e, parchi cittadini, recuperand­o vecchi siti industrial­i e rilanciand­o in chiave moderna la manifattur­a che ancora insiste sul territorio, come dimostrano i casi Pirelli, L’Oréal, Lavazza, con le loro scelte green fortemente orientate all’Industria 4.0.

Ma l’esperienza forse più paradigmat­ica è nella rinascita come centro della memoria e dell’impegno della Siva, fabbrica di vernici in cui a lungo lavorò come chimico Primo Levi.

L’interprete più grande non solo della tragedia dell’Olocausto, ma anche del valore fondante del lavoro, dell’esaltazion­e di un’etica del fare che trova la sua sintesi nello svolgiment­o al meglio del proprio compito: un valore in sé, a prescinder­e da altre consideraz­ioni. Un interprete perfetto per una cittadina che proprio dal connubio virtuoso tra manifattur­a e cultura ha saputo trovare una nuova via verso lo sviluppo. Niente regge o castelli, nessuna cattedrale o monumenti simbolo. Ma qui la cultura, in senso lato, ha davvero funzionato. E Settimo Torinese, in audizione al Ministero dei Beni culturali l’11 gennaio, sfidando tra gli altri Trento, Palermo, Recanati, Ercolano e Aquileia, ci prova lo stesso. «Perché - scriveva Levi ne “La Chiave a Stella” - quando c’è la fame uno si fa furbo».

UN LUOGO SIMBOLO Ora ospita i siti avvenirist­ici 4.0 di Pirelli e L’Oréal: la fabbrica dove lavorò Primo Levi rinata come centro della memoria Recanati tra i nove competitor

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Primo Levi. Lo scrittore lavorò come chimico alla Siva di Settimo Torinese

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