Fondi Ue, la spesa è ferma al 7%
Erogati poco più di 800 milioni a fronte di un budget di oltre 20 miliardi per il 2014-20 Niente disimpegno ma restano 2,7 miliardi da liquidare in due anni
pDopo aver archiviato la vecchia programmazione con una perdita di circa 200 milioni, la spesa dei programmi regionali di sviluppo rurale continua a viaggiare a rilento. A fronte di un budget di oltre 20 miliardi riservato all'Italia per l'intero periodo 2014-2020, a fine 2016 sono stati effettivamente erogati poco più di 800 milioni. Le nuove regole sull'utilizzo dei fondi Ue sono solo leggermente più flessibili rispetto al passato: c'è un anno in più, due e non tre, per evitare il disimpegno automatico, e consentono di rinviare (per ora) il rischio di perdere altri finanziamenti, ma i numeri parlano già abbastanza chiaro.
L'ultimo bollettino disponi- bile della rete rurale nazionale, la struttura del ministero delle Politiche agricole che ha il compito di monitorare l'avanzamento dei piani, certifica tutte le difficoltà che già avevano imposto uno slittamento, dal 2014 al 2015, della partenza dei nuovi piani (oltre che dell'entrata in vigore dell'intera riforma della Politica agricola comune). Alla fine del 2016 l'avanzamento della spesa pubblica effettivamente sostenuta dalle regioni risultava pari al 4,10% del totale, a cui però «è necessario aggiungere - spiega il rapporto - gli importi versati a titolo di prefinanziamento, pari al 3% del budget totale di ciascun Psr».
Così la percentuale di attuazione dei programmi 2014-2020, tenendo conto anche degli acconti e includendo la «riserva di efficacia di attuazione» (considerando quindi il dato migliore possibile) è del 7,54 per cento. Meno di 750 milioni di fondi europei, su un budget complessivo di oltre 10 miliardi destinato potenzialmente a raddoppiare con il cofinanziamento nazionale. Oltre 20 miliardi di spesa pubblica riservati all'agricoltura.
La prossima settimana il ministero dovrebbe rendere noti i dati definitivi 2016. Più che un'accelerazione serve un cambio di passo netto: nel terzo trimestre dello scorso anno sono stati erogati contributi pubblici pari a 261 milioni; le spese relative alle «regioni più sviluppate» del Centro Nord ammontano a 128 milioni, mentre per le «regioni meno sviluppate» e «in transizione» del Centro Sud la spesa pubblica rendicontata ammonta rispettivamente a 79 e 53 milioni.
Da inizio programmazione a oggi sono stati spesi complessivamente 855 milioni di euro, di cui 427 di quota Ue (che salgono ai 750 citati con acconti e riserve). Bolzano spicca come provincia virtuosa, mentre il ranking peggiore per capacità di raggiungere gli obiettivi di spesa è del Friuli Venezia Giulia, seguito da Valle d’Aosta, Abruzzo e Campania.
Complessivamente ci sono ancora 3,5 miliardi da liquidare solo delle annualità 2015-2016. Di questi fondi, 2,7 miliardi vanno spesi entro il 31 dicembre 2018 per evitare il disimpegno automatico.
Quello che era un piccolo caso di successo nella spesa dei fondi strutturali europei rischia di diventare un altro spreco ingiustificato. Complici le regole troppo complicate, la mancanza di un piano unico nazionale e la domanda di i nvestimenti da parte delle imprese agricole. Le aggravanti sono invece la crisi economica, accompagnata dalla sempre minore disponibilità di sussidi agricoli Ue, che dovrebbero imporre un pieno uso dei fondi. In teoria, il calo degli aiuti diretti avrebbe dovuto essere parzialmente compensato proprio dai contributi dello sviluppo rurale, il «secondo pilastro» della politica agricola europea che ora scricchiola.