Se Pechino pone un freno alle spese folli nel calcio
C’è molto poco di rituale nell’avanzata cinese nel football internazionale. È stato inedito il programma politico lanciato nella primavera 2015 dal presidente della Repubblica Xi Jinping per elevare il Dragone a superpotenza calcistica con l’obiettivo di ospitare un campionato del mondo (nel 20130) e di vincerlo (entro il 2050). Così come lo è stato lo shopping quasi compulsivo di club europei e di veri o presunti top player che ha portato le aziende cinesi a spendere in giro per il mondo qualcosa come quattro miliardi di euro in appena due anni. Non meno irrituale, tuttavia, è stato l’intervento dello stesso Governo di Pechino che ha deciso di calmierare i prezzi di acquisto dei calciatori e i loro ingaggi. Giovedì scorso, infatti, l’ Amministrazione generale dello Sport (Gas), agenzia governativa responsabile del sistema sportivo, ha pubblicato un duro documento annunciando che a breve «sarà istituito un tetto agli stipendi dei giocatori e alle spese di trasferimento per controllare gli investimenti irrazionali». La supervisione finanziaria sui club della Chinese Super League sarà intensificata per «mantenere entro limiti ragionevoli gli stipendi dei giocatori di alto livello». L’agenzia ha anche dichiarato che combatterà «il comportamento irregolare per quanto riguarda i contratti sottobanco. Giocatori e agenti che saranno scoperti a violare i regolamenti saranno severamente puniti», e sanzioni, fino all’esclusione dalle competizioni, saranno applicate alle società troppo indebitate. La presa di posizione del «Gas» si lega alla stretta del Governo sulla esportazione di capitali. Pechino, per tutelare la propria moneta e la stabilità delle riserve valutarie, intende bloccare quelle aziende cinesi che attraverso acquisizioni fittizie o sproporzionate all’estero tentano di spostare miliardi offshore. In Cina per comperare all’estero c’è bisogno del via libera di tre enti, la National development and reform commission, il ministero del Commercio e la State administration for foreign exchange. Il rilascio del nulla osta è subordinato, per esempio, alla verifica della coerenza tra le attività svolte in patria e l’investimento. Da circa un mese poi le autorità finanziarie di Pechino hanno irrobustito il monitoraggio sugli investimenti realizzati in settori come l’entertainment e lo sport (rallentando anche il closing dell’ acquisizione del Mi landa par tedi SinoEurope). Il turbocalcio mercato dei club cinesi ha portato in Oriente, nelle ultime settimane, il brasiliano Oscar, pagato 60 milioni dallo Shanghai SIPG, e l’argentino Carlos Tevez a cui lo Shanghai Shenhua verserà quasi 80 milioni di dollari in due stagioni . Cifre incompatibili con l’attuale forza economica del calcio del Dragone e comunque difficili da giustificare a livello sociale, a maggior ragione in una realtà complessa come quella cinese. Bisognerà capire ora se il dirigismo di Pechino, che ha promosso la colonizzazione del calcio europeo, sarà altrettanto efficace nel porre un freno agli affari stellari?