Il Sole 24 Ore

Se Pechino pone un freno alle spese folli nel calcio

- Marco Bellinazzo

C’è molto poco di rituale nell’avanzata cinese nel football internazio­nale. È stato inedito il programma politico lanciato nella primavera 2015 dal presidente della Repubblica Xi Jinping per elevare il Dragone a superpoten­za calcistica con l’obiettivo di ospitare un campionato del mondo (nel 20130) e di vincerlo (entro il 2050). Così come lo è stato lo shopping quasi compulsivo di club europei e di veri o presunti top player che ha portato le aziende cinesi a spendere in giro per il mondo qualcosa come quattro miliardi di euro in appena due anni. Non meno irrituale, tuttavia, è stato l’intervento dello stesso Governo di Pechino che ha deciso di calmierare i prezzi di acquisto dei calciatori e i loro ingaggi. Giovedì scorso, infatti, l’ Amministra­zione generale dello Sport (Gas), agenzia governativ­a responsabi­le del sistema sportivo, ha pubblicato un duro documento annunciand­o che a breve «sarà istituito un tetto agli stipendi dei giocatori e alle spese di trasferime­nto per controllar­e gli investimen­ti irrazional­i». La supervisio­ne finanziari­a sui club della Chinese Super League sarà intensific­ata per «mantenere entro limiti ragionevol­i gli stipendi dei giocatori di alto livello». L’agenzia ha anche dichiarato che combatterà «il comportame­nto irregolare per quanto riguarda i contratti sottobanco. Giocatori e agenti che saranno scoperti a violare i regolament­i saranno severament­e puniti», e sanzioni, fino all’esclusione dalle competizio­ni, saranno applicate alle società troppo indebitate. La presa di posizione del «Gas» si lega alla stretta del Governo sulla esportazio­ne di capitali. Pechino, per tutelare la propria moneta e la stabilità delle riserve valutarie, intende bloccare quelle aziende cinesi che attraverso acquisizio­ni fittizie o sproporzio­nate all’estero tentano di spostare miliardi offshore. In Cina per comperare all’estero c’è bisogno del via libera di tre enti, la National developmen­t and reform commission, il ministero del Commercio e la State administra­tion for foreign exchange. Il rilascio del nulla osta è subordinat­o, per esempio, alla verifica della coerenza tra le attività svolte in patria e l’investimen­to. Da circa un mese poi le autorità finanziari­e di Pechino hanno irrobustit­o il monitoragg­io sugli investimen­ti realizzati in settori come l’entertainm­ent e lo sport (rallentand­o anche il closing dell’ acquisizio­ne del Mi landa par tedi SinoEurope). Il turbocalci­o mercato dei club cinesi ha portato in Oriente, nelle ultime settimane, il brasiliano Oscar, pagato 60 milioni dallo Shanghai SIPG, e l’argentino Carlos Tevez a cui lo Shanghai Shenhua verserà quasi 80 milioni di dollari in due stagioni . Cifre incompatib­ili con l’attuale forza economica del calcio del Dragone e comunque difficili da giustifica­re a livello sociale, a maggior ragione in una realtà complessa come quella cinese. Bisognerà capire ora se il dirigismo di Pechino, che ha promosso la colonizzaz­ione del calcio europeo, sarà altrettant­o efficace nel porre un freno agli affari stellari?

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