Fiscalità differita, la manovra cambia i rendiconti
pLe disposizioni contenute nella legge di bilancio 2017 comportano alcuni effetti contabili relativi all’iscrizione in bilancio della fiscalità differita.
Il problema non riguarda il superammortamento del 140% e neppure l’iperammortamento del 250 per cento.
Le maggiorazioni del 40 e 150 per cento del costo dei beni materiali i nteressati alle agevolazioni in questione, si riflettono nel pari incremento degli ammortamenti e comportano una variazione in diminuzione nel modello Redditi 2017 (che sostituisce Unico, si veda articolo a pag. 12) ai fini delle imposte sui redditi: in bilancio l’ammortamento è effettuato in base ai criteri civilistici e l’ulteriore quota deducibile, pari al 40 e 150%, è dedotta ai fini delle imposte dirette mediante variazione in diminuzione (la norma non riguarda l’Irap). L’agevolazione non ha alcun effetto ai fini della determinazione delle plus/minusvalenze al momento della cessione dei beni oggetto della stessa.
La norma di favore più che un incremento degli ammortamenti deducibili, si traduce nell’incremento del costo di acquisto dei beni e, di conseguenza, non costituisce una sorta di ammortamento accelerato: è il costo che è incrementato - ovvero la base di calcolo degli ammortamenti - e di conseguenza il beneficio fiscale è definitivo, trattandosi di un «incremento virtuale ai soli fini della base di commisurazione dell’ammortamento fiscale».
Le variazioni che si generano sono di carattere definitivo e non temporaneo e per questo non è necessario iscrivere in bilancio le imposte differite: si può fare riferimento al paragrafo 54 dell’Oic 25, principio contabile che riguarda la contabilizzazione delle imposte sul reddito.
Per i beni detenuti in leasing, analoghe disposizioni riguardano la deducibilità della quota capitale dei canoni e degli ammortamenti calcolati sul prezzo di riscatto.
Discorso diverso riguarda la rivalutazione dei beni (e delle partecipazioni) risultanti nel bilancio al 31 dicembre 2015, riconosciuta fiscalmente dal terzo esercizio successivo a quello nel quale è eseguita, in sostanza dal 2019 (plus/minusvalenze dal 2020).
In questo caso gli ammortamenti effettuati sui nuovi valori rivalutati negli esercizi 2017 e 2018, hanno rilevanza fiscale solo per la quota parte riferita ai valori ante-rivalutazione e, per la differenza, comportano una variazione fiscale temporanea in aumento nel modello Redditi. Nessun problema, invece, per gli ammortamenti contabilizzati nell’esercizio 2016, nel quale è effettuata la rivalutazione, che sono calcolati sui valori ante rivalutazione perché questa è operazione successiva (Oic, Documento interpretativo 3/09 della legge di rivalutazione n. 185/08): gli ammortamenti sui nuovi valori si calcolano dal 2017.
Fanno eccezione i beni immobili per i quali i maggiori valori iscritti in bilancio «si considerano riconosciuti con effetto dal periodo di imposta in corso alla data del 1° dicembre 2018».
Pertanto, se ricorrono le condizioni indicate nel principio contabile Oic 25, si iscrivono le imposte differite attive in relazione agli ammortamenti effettuati nel 2017 e 2018 che saranno recuperate al termine dell’ammortamento civilistico.
Invece, il principio contabile Oic 25 precisa che non è necessario iscrivere le imposte differite sulla riserva in sospensione d’imposta originata a seguito della rivalutazione (affrancabile con sostitutiva del 10%) quando vi sono scarse probabilità di distribuirla ai soci, tenendo conto dell’andamento storico di distribuzione dei dividendi e della presenza di altre riserve distribuibili.
VALUTAZIONI OPPORTUNE Le imposte differite sulla riserva in sospensione d’imposta post rivalutazione non sono da iscrivere se le probabilità di distribuirla ai soci sono scarse