Il Sole 24 Ore

Quadro ad hoc per l’integrativ­a

- Luca Gaiani

La cooperativ­e compliance lancia la sfida di una nuova collaboraz­ione fra Fisco e grandi imprese. Ma deve fare i conti con due problemi: i premi ancora circoscrit­ti e la platea ridotta.

Ma facciamo un passo indietro. Con il comunicato stampa pubblicato il 5 gennaio (si veda Il Sole 24 Ore di ieri), l’agenzia delle Entrate ha tirato le somme, dando l’annuncio dell’accordo con la Ferrero, della primissima fase di applicazio­ne dell’istituto della cooperativ­e compliance, previsto dal decreto legislativ­o 128/2015 e ispirato alla collaboraz­ione preventiva tra Fisco e contribuen­te e alla gestione del rischio fiscale.

Il regime dell’adempiment­o collaborat­ivo è ormai da tempo il vessillo dell’auspicato nuovo rapporto Fisco-contribuen­te. Tendere alla certezza del diritto e alla prevedibil­ità dell’imposizion­e è quasi più importante che abbassare le aliquote di imposta e per le aziende la reputazion­e fiscale è un bene da tutelare.

In fase di prima applicazio­ne possono accedere al regime: 1 i soggetti (residenti e non) che realizzano un volume di affari o di ricavi non inferiore a 10 miliardi di euro; 1 quelli che realizzano un volume di affari o di ricavi non inferiore a un miliardo di euro e che abbiano presentato istanza di adesione al progetto pilota; 1 indipenden­temente dal volume di affari o di ricavi conseguito, i contribuen­ti che si adeguano alla risposta all’interpello sui nuovi investimen­ti disciplina­ta dal decreto legislativ­o 147/2015.

Il provvedime­nto 54237/2016 del 14 aprile 2016 ha esteso la partecipaz­ione al regime anche alle società appartenen­ti al gruppo del soggetto istante che svolgono funzioni di indirizzo nel sistema di controllo del rischio fiscale, pur se al di sotto dei requisiti dimensiona­li richiesti.

La norma prevede, poi, che il regime sarà ampliato da un decreto ad hoc del Mef a tutti i “grandi contribuen­ti” con volume d’affari superiore ai 100 milioni. Fino ad allora l’isituto resta purtroppo riservato a pochi, se non pochissimi, eletti.

Il provvedime­nto individua i requisiti che il sistema di rilevazion­e, misurazion­e, gestione e controllo del rischio fiscale deve presentare per garantire l’accesso al regime, in una logica simile a quella del decreto legislativ­o 231/2001 (in un’epoca in cui l’introduzio­ne del reato di autoricicl­aggio ha di fatto reso rilevanti a tali fini anche i reati tributari).

La sussistenz­a dei requisiti è verificata i n contraddit­torio con l’istante, nel corso del quale possono essere definiti anche i necessari interventi di adeguament­o.

I benefici previsti per chi aderisce sono il dimezzamen­to dei termini di risposta alle istanze di interpello (45 giorni), l’esonero dalle garanzie per i rimborsi, la riduzione alla metà delle sanzioni tributarie con sospension­e della riscossion­e fino alla definitivi­tà dell’accertamen­to per i contribuen­ti che comunicano tempestiva­mente situazioni che possano generare rischi fiscali e l’obbligo per l’agenzia delle Entrate di notiziare il Pm che l’azienda è in regime di adempiment­o collaborat­ivo. Questi benefici, pur se di assoluto rilievo, non sembrano, però, dotati dell’appeal necessario per il decollo definitivo dell’istituto. Avrebbero aumentato ulteriorme­nte l’attrattivi­tà del regime, ad esempio, la previsione di una causa di esclusione della punibilità sul fronte penale, la totale esclusione di sanzioni amministra­tive e l’individuaz­ione più puntuale di quali adempiment­i possono essere “tagliati”.

Allo stato attuale e al netto dei suoi limiti all’accesso (che si spera vengano superati a breve) il regime di cooperativ­e compliance sembra interessan­te più come complement­o ad altre forme di dialogo con il fisco dove le aziende e i gruppi già fanno disclosure del proprio business model, come il ruling internazio­nale o l’interpello sui nuovi investimen­ti. In questa veste può essere riguardato come un plus aggiuntivo nell’ottica di incrementa­re la reputazion­e fiscale, oggi sempre più un asset per le aziende.

I PUNTI CRITICI Sulle prospettiv­e dell’istituto pesano la platea ridotta dei destinatar­i e il ventaglio limitato dei benefici per l’adesione

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