Il Sole 24 Ore

Per la sostitutiv­a sul rientro interpello senza linee guida

- Pier Luca Cardella Eugenio della Valle

pL’imposta sostitutiv­a sui redditi di fonte estera prodotti da persone fisiche che trasferisc­ono la propria residenza fiscale in Italia introdotta con la legge di Bilancio impone qualche riflession­e. Questo perché i requisiti di residenza possono dover fare i conti con interpelli che lasciano libera la decisione dell’agenzia delle Entrate. E perché, per esempio, vanno valutati tutti i rischi che il nuovo istituto presenta sul fronte della costituzio­nalità.

I requisiti

Andiamo con ordine. Quanto ai requisiti applicativ­i, l’opzione per la sostitutiv­a presuppone il trasferime­nto della residenza nel nostro Paese. Questo non dovrebbe escludere che, a tal fine, vengano in consideraz­ione le tie break rules convenzion­ali.

L’ulteriore presuppost­o di accesso al regime è rappresent­ato dal non essere stata, la persona fisica, fiscalment­e residente in Italia per un periodo almeno pari a nove periodi di imposta nel corso dei dieci precedenti: nella relazione illustrati­va si afferma che sono escluse dalla possibilit­à di optare per la sostitutiv­a le persone fisiche che sono considerat­e residenti in base all’articolo 2, comma 2-bis del Tuir. Senonché questa disposizio­ne prevede una presunzion­e relativa di residenza, per cui ben potrebbe ipotizzars­i un accesso al regime subordinat­o alla dimostrazi­one, tramite l’interpello probatorio previsto dalla nuova disciplina, dell’effettiva residenza estera del soggetto che intende optare per la sostitutiv­a.

Quanto all’interpello necessario per avvalersi del nuovo regime, occorre notare come curiosamen­te il neoin- trodotto articolo 24- bis del Tuir non indichi i criteri in base ai quali è consentito l’accesso al regime. Il tema non è di poca rilevanza giacché, in assenza di indicazion­i nel testo normativo circa le coordinate del regime, affidare l’accesso al solo giudizio dell’agenzia delle Entrate lascia perplessi: il rischio è quello di una violazione della riserva di legge prevista dall’articolo 23 della Costituzio­ne.

Le ragioni dell’istituto

Più in generale, occorre domandarsi se la sostitutiv­a trovi o meno giustifica­zione nella peculiarit­à della fattispeci­e cui la stessa si rivolge. La sua ragion d’essere dovrebbe consistere in una particolar­e prospettiv­a extra-fiscale che mira a favorire il radicament­o nel nostro Paese di capitali “nomadi” con conseguent­e, auspicabil­e rafforzame­nto dell’apparato produttivo nazionale. Si tratta, in poche parole, di una sorta di calamita impositiva che risponde a una logica che, in passato, ha già superato il vaglio di costituzio­nalità (per esempio, Corte costituzio­nale, sentenza 211/1987).

La costituzio­nalità

Siamo, dunque, al cospetto di una entry tax di favore (siccome opzionale) la cui legittimit­à costituzio­nale va scrutinata anche in punto di coerenza e, su questo fronte, evidenti sono i profili di criticità.

È, infatti, ben possibile, che i redditi di fonte estera non entrino affatto nel nostro Paese posto che l’accesso al regime non appare condiziona­to a questo ingresso. Non solo, ma quanto alla misura del tributo - 100mila euro quale che sia l’importo dei redditi posseduti - l’abbandono del paradigma dell’imposta variabile desta perplessit­à giacché si mette in discussion­e, senza una plausibile giustifica­zione concettual­e, uno dei capisaldi del sistema di imposizion­e sul reddito.

Si può, infatti, perorare la causa del consolidam­ento dell’apparato produttivo quale effetto del rientro di risorse stimando opportuno un più mite prelievo a carico di quanti trasferisc­ono la propria residenza in Italia, ma non si può di certo rinunciare al collegamen­to, richiesto dall’articolo 53 della Costituzio­ne, tra l’entità del sacrificio che viene richiesto a ciascun consociato e la dimensione quantitati­va dell’indice di forza economica allo stesso riferibile.

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