Il Sole 24 Ore

Pro-rata al test operazioni accessorie

- Andrea Parolini

pL a sentenza MercedesBe­nz ( Corte Ue, causa C378/15, si veda Il Sole 24 Ore del 15 dicembre scorso) stimola una riflession­e sul recepiment­o delle norme comunitari­e in materia di diritto di detrazione. Le disposizio­ni nazionali che lo regolano infatti prevedono che, in presenza di attività imponibili ed esenti, l’ammontare dell’Iva detraibile debba essere calcolata in misura pari al rapporto tra operazioni imponibili e il totale delle operazioni. L’applicazio­ne di tale metodo può generare evidenti effetti distorsivi e proprio tali distorsion­i hanno suggerito alla Commission­e tributaria regionale del Lazio di deferire il caso alla Corte di giustizia per comprender­e se tale metodo sia compatibil­e con la Direttiva Iva.

I giudici del Lussemburg­o, smentendo le conclusion­i espresse dall’Avvocato generale, hanno ritenuto che la norma italiana sul pro-rata generale sia compatibil­e con la direttiva Iva in ragione della deroga prevista dall’articolo 168, comma 2, lettera d) della direttiva Iva.

La sentenza, a un’attenta lettura, appare però più complessa di quanto possa sembrare a una prima analisi.

Dopo avere, infatti, concluso che la norma nazionale è rispet- tosa del dato normativo comunitari­o, la Corte di giustizia nei paragrafi 46-49 della sentenza, rammenta che ai fini del calcolo del pro-rata non si devono considerar­e le operazioni accessorie che abbiano natura «incidental­e» o «accessoria».

In particolar­e, la Corte di giustizia ribadisce che tra le attività accessorie devono essere annoverate quelle che non costituisc­ono «un prolungame­nto diretto, permanente e necessario dell’attività imponibile dell’impresa» e «non implichino un impiego significat­ivo di beni e di servizi per i quali l’Iva è dovuta» a prescinder­e dal volume d’affari da esse generato.

Tale punto è cruciale e merita un ulteriore approfondi­mento. In particolar­e è necessario chiarire se le condizioni menzionate dalla Corte di giustizia al fine di considerar­e un’attività come accessoria – e quindi espungere dal calcolo del prorata il volume d’affari esente – siano complement­ari o alternativ­e tra loro.

Un esempio può aiutare a definire il problema: una holding industrial­e esercita un’attività industrial­e (imponibile) e al contempo finanzia le proprie controllat­e generando un apprezzabi­le volume d’affari esente. Gli interessi attivi derivanti dall’attività finanziari­a esente devono entrano nel calcolo del pro-rata? Una lettura comunitari­amente orientata delle norme nazionali (cfr. paragrafo 77 della sentenza relativa alla causa C/7701, Edm) porta a ritenere che il volume d’affari esente non debba partecipar­e al calcolo del pro-rata matematico (generando ,quindi ,una indetraibi­lità dell’Iva assolta sui costi specificam­ente sostenuti per l'esercizio della attività esente) ogniqualvo­lta i costi gravati da Iva, sostenuti per esercitare l’attività esente, siano stati marginali rispetto alla totalità dei costi.

Tale conclusion­e prescinde dal fatto che: 1 l’attività esente (nell’esempio sopra riportato, l’attività finanziari­a) possa idealmente costituire un’attività tipica di una holding industrial­e; 1 la norma italiana ammetta la separazion­e delle attività ai fini Iva.

Una diversa conclusion­e – oltre a rendere sostanzial­mente casuale l’ammontare dell’Iva indetraibi­le e quindi incerti gli esiti della attività economica – legittimer­ebbe la violazione del principio di neutralità in quanto avrebbe l’effetto di rendere indetraibi­le una parte significat­iva dell’Iva sugli acquisti di beni e servizi acquistati per esercitare un’attività imponibile.

LA REGOLA Per i giudici nel calcolo non rientrano operazioni di carattere incidental­e L’indicazion­e va rapportata alle previsioni italiane

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