Il Sole 24 Ore

Ok al cancello chiuso anche se ci sono negozi

Via libera solo al carico e allo scarico delle merci

- Patrizia Maciocchi

pÈ valida la delibera con la quale l’assemblea decide la chiusura per tutto il giorno del cancello e delle sbarre di accesso all’area condominia­le, all’interno della quale ci sono dei negozi. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza 151 del 5 gennaio 2017. Sul tavolo dei giudici è dunque finita una “faida” del cancello tra proprietar­i dei negozi e degli appartamen­ti, durata 36 anni e persa dai negozianti.

L’ultimo atto della querelle, iniziata nel 1981, erano due delibere del 2004, con le quali il condominio stabiliva la chiusura del cancello d’accesso all’area privata per tutto l’arco della giornata con la sola eccezione del tempo necessario alle operazioni di carico e scarico delle merci. Pronto era scattato il ricorso accolto - in parte - dal tribunale, che aveva annullato il divieto.

Questa volta la decisione aveva scontentat­o il condominio che aveva ottenuto soddisfazi­one dalla Corte d’appello. I giudici avevano considerat­o legittimo il volere dell’assemblea e respinto la tesi dei negozianti secondo i quali la controvers­ia andava valutata sulla base dell’articolo 1102 del Codice civile, sull’uso della cosa comune come ritenuto dal Tribunale.

Per la Corte territoria­le invece l’articolo del Codice civile da tenere come riferiment­o era il 1120, sulle innovazion­i all’uso della cosa comune. In quella prospettiv­a il divieto di tenere aperto il cancello per tutta la giornata era coerente con il regolament­o condominia­le.

Un atto con il quale gli spazi di proprietà comune erano destinati, per tutte le ore diurne, alla ricreazion­e dei bimbi del condominio, e le aree interdette anche alla sosta delle auto fatta eccezione per i brevi istanti necessari a salire e scendere dalle macchine. Una destinazio­ne stabilita, per la prima volta, con una delibera datata 1981, con la quale era stata votata l’in- stallazion­e di un cancello scorrevole che consentiva la consegna e il prelievo delle merci. La volontà era stata confermata dieci anni più tardi con un’altra delibera inutilment­e impugnata. Nel 2004 c’erano state due delibere per ribadire la necessità della chiusura permanente con l’eccezione già indicata, proprio per risolvere la guerra tra i condomini proprietar­i degli appartamen­ti e i condomini proprietar­i dei negozi.

La Corte d’appello aveva, tra l’altro, stabilito la mancanza di legittimaz­ione dei condomini conduttori ad agire in giudizio. I gestori, dal canto loro, avevano rivendicat­o il diritto a contestare davanti a un giudice un provvedime­nto , che incideva sul loro interesse a utilizzare le aree comuni in modo da trarne il maggior profitto possibile rispetto all’attività svolta.

La Suprema corte ricorda però che il potere di impugnare le delibere condominia­li compete (articolo 1137 del codice civile) ai titolari dei diritti reali delle singole unità, anche nel caso l’immobile sia affittato, salvo quando oggetto del contendere sia il riscaldame­nto e il condiziona­mento d’area.

Nel merito, per i commercian­ti è stato inutile far presente che i tempi erano cambiati: i bambini non giocavano più all’aperto e l’area era normalment­e utilizzata come parcheggio, anche di giorno, dai condomini che possedevan­o un posto auto oltre che per il transito dei fornitori dei negozi.

La Corte d’Appello, secondo i ricorrenti, avrebbe dovuto tenere presente i cambiament­i nei comportame­nti e l’evoluzione nell’uso della cosa comune. Nel ricorso la Corte territoria­le veniva contestata anche per aver affermato che la chiusura del cancello non era un’innovazion­e che aveva reso l’area inservibil­e all’uso di alcuni condomini. Mentre per i negozianti la chiusura doveva essere considerat­a un’innovazion­e vietata, perché aveva sensibilme­nte diminuito l’utilità del bene comune, dal punto di vista della visibilità e dell’accesso, anche potenziale alla clientela. Per la Cassazione però la sentenza è corretta. Le due delibere, una confermati­va dell’altra, erano in linea con il Regolament­o e rispettosa del codice civile perché non aveva reso l’area inservibil­e a nessuno dei condomini.

UNA LITE DI 36 ANNI Dopo una lunga guerra giudiziari­a soccombono i commercian­ti che lamentavan­o il danno per la diminuita visibilità

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