Il Sole 24 Ore

Immigrati, costruire il consenso di tante parti della comunità L’impegno di De Mauro

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Accoglienz­a diffusa e quindi Cie (Centri di identifica­zione ed espulsione) più piccoli e dislocati in ogni regione: è questa la linea del governo sull'immigrazio­ne. Per quanto riguarda l’accoglienz­a per coloro che sono richiedent­i asilo, il ministro Minniti ha detto che «sta lavorando sull’accoglienz­a diffusa per evitare grandi aggregazio­ni che purtroppo quando sono grandi sono ingiuste» e che eviterà con tutte le sue forze «elementi di discrimina­zione, di sottovalut­azione e di non pieno rispetto dei diritti umani». D’accordo, ma perché rispolvera­re i Cie che si sono già dimostrati in passato uno strumento fallimenta­re e che ci sono costati un richiamo dall’Europa?

Francesco Bongiovann­i

Reggio Calabria

Se qualcosa è andato storto in passato, non è detto che l’'esigenza fosse necessa- riamente sbagliata. Certo, cambiare denominazi­one ai Cie sarebbe stata cosa furba; ma il problema resta di sostanza, non di comunicazi­one. A me pare che questa vicenda metta in luce due aspetti: il primo, che c’è un ministro degli Interni che, all’interno di una strategia coerente rispetto al tema più generale dell’immigrazio­ne, vuole prendere di petto la situazione delle ondate illegali, il che merita rispetto, nell’attesa di conoscere, discutere, ma poi mettere in atto i vari aspetti di questa strategia.

Il secondo, più delicato, è che questo ministro è di sinistra ed è contestato da molti esponenti della sua stessa parte politica: qui ripiombiam­o nel dramma della sinistra europea che, dinnanzi a problemi come quello dell’immigrazio­ne e della formazione di autentici ghetti, spesso non sa che pesci pigliare. Col risultato di regalare messe di voti ai movimenti populisti, sbrigativa­mente considerat­i di destra ma capaci di ingrassars­i con voti di sinistra (che al tema della sicurezza sono assai sensibili). Vale quindi anche per l’Italia quello che un politologo francese, Laurent Bouvet, ha lamentato per il proprio Paese, imputando al presidente Hollande di non aver saputo (o voluto) pren- dere posizione sulla frattura, interna appunto alla sinistra, tra «repubblica­ni e comunitari­sti o multi cultura listi, tra difensori della laicità e fautori di ogni sorta di accomodame­nto con l’Islam, tra fautori di un amalgama e promotori del dif- ferenziali­smo». La sinistra francese rischia di pagare assai caro questo errore.

Quindi ben vengano le polemiche sul Cie, purché siano costruttiv­e; ci aiutino a evitare di ripetere gli errori passati; e non facciano velo alla sostan- za, ossia alla dura realtà che i fenomeni migratori vanno affrontati, non elusi. Non è fatale lo si debba fare mostrando il nostro volto peggiore; giovedì, su queste colonne, Mariano Maugeri ha illustrato l’esperienza di Milano, significat­iva anche se difficile e controvers­a, e difficile da esportare: essa però ci dice che si può essere di sinistra senza sfuggire alle responsabi­lità, e costruendo il consenso di tanti spezzoni della comunità. E dimostra che, in questo modo, le pulsioni più becere possono essere tenute sotto controllo.

A noi piace ricordare Tullio De Mauro perché in modo molto laico diede un grande impulso al progetto Biblia-Miur (tutt’ora in corso) per la lettura e conoscenza della Bibbia a scuola. Lui, non credente, disse che avrebbe “imposto” la Bibbia, come libro di testo non per la fede ma per la didattica: «Dal punto di vista didattico la Bibbia è una bomba conoscitiv­a. Non si capisce la nostra storia, né l’arte senza la Bibbia». Grazie De Mauro.

Sergio Benetti

Dueville (VI)

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Domenico Rosa

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