Il Sole 24 Ore

Il fondo Usa Harris: meno Npl in Italia, bene Intesa

- Antonella Olivieri

Il Governo italiano deve «spingere per risolvere il problema del processo di recupero dei prestiti in sofferenza». A ribadirlo è David Herro, capo del settore investimen­ti azionari di Harris Associates, fondo di investimen­to con sede a Chicago e circa 100 miliardi di euro in gestione. Da tempo attivo anche in Italia, Harris è un value investor, cerca cioè titoli sottostima­ti da cui estrarre valore. Intervista­to ieri da Bloomberg Tv, Herro mette in evidenza il tema della lentezza del recupero dei crediti nel nostro paese, dove «ci vogliono 9 o 10 anni» per recuperare un credito, contro «gli uno o due o tre anni negli Usa, nel Regno Unito o altrove». Ricordando che il 60-65% dei crediti è dotato di garanzie, il manager suggerisce di «risalire alle garanzie per risolvere il problema», che deve essere superato per superare una volta per tutte l'impasse su Mps. Secondo Herro, lo Stato fa bene a «sottrarre agli occhi del mercato» la banca senese, «per rimetterla a posto e riportarla sul mercato». Herro guarda di buon occhio all’investimen­to fatto su Intesa Sanpaolo: «Siamo molto felici di esserci: fa quanto previsto, continua a ridurre i costi e distribuis­ce un buon dividendo. Fra i finanziari europei resta uno dei nostri titoli favoriti». (R. Fi.)

L’Authority farà il punto a metà della prossima settimana

pE ancora, Mediaset «rileva inoltre che, in ogni caso, le suddette partecipaz­ioni, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile (società controllat­e/collegate, ndr), configuran­o un’ipotesi di collegamen­to rilevante ai fini del comma 11, dell’articolo 43 del decreto legislativ­o 31 luglio 2005, n.177 (appunto il Tusmar, ndr)». In questa prospettiv­a, prosegue la relazione, «poichè Telecom Italia consegue ricavi superiori al 40% dei ricavi riconducib­ili alle comunicazi­oni elettronic­he e Mediaset consegue ricavi superiori al 10% del sistema integrato delle comunicazi­oni, attraverso partecipaz­ioni azionarie si determiner­ebbe una violazione delle disposizio­ni vigenti poste a tutela del pluralismo, previste in particolar­e dal citato articolo 43, comma 11».

Ma cosa dice il comma 11 dell’articolo 43 del Tusmar? Testualmen­te dice che «le imprese, anche attraverso società controllat­e o collegate, i cui ricavi nel settore delle comunicazi­oni elettronic­he sono superiori al 40% dei ricavi comples-

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