Il fondo Usa Harris: meno Npl in Italia, bene Intesa
Il Governo italiano deve «spingere per risolvere il problema del processo di recupero dei prestiti in sofferenza». A ribadirlo è David Herro, capo del settore investimenti azionari di Harris Associates, fondo di investimento con sede a Chicago e circa 100 miliardi di euro in gestione. Da tempo attivo anche in Italia, Harris è un value investor, cerca cioè titoli sottostimati da cui estrarre valore. Intervistato ieri da Bloomberg Tv, Herro mette in evidenza il tema della lentezza del recupero dei crediti nel nostro paese, dove «ci vogliono 9 o 10 anni» per recuperare un credito, contro «gli uno o due o tre anni negli Usa, nel Regno Unito o altrove». Ricordando che il 60-65% dei crediti è dotato di garanzie, il manager suggerisce di «risalire alle garanzie per risolvere il problema», che deve essere superato per superare una volta per tutte l'impasse su Mps. Secondo Herro, lo Stato fa bene a «sottrarre agli occhi del mercato» la banca senese, «per rimetterla a posto e riportarla sul mercato». Herro guarda di buon occhio all’investimento fatto su Intesa Sanpaolo: «Siamo molto felici di esserci: fa quanto previsto, continua a ridurre i costi e distribuisce un buon dividendo. Fra i finanziari europei resta uno dei nostri titoli favoriti». (R. Fi.)
L’Authority farà il punto a metà della prossima settimana
pE ancora, Mediaset «rileva inoltre che, in ogni caso, le suddette partecipazioni, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile (società controllate/collegate, ndr), configurano un’ipotesi di collegamento rilevante ai fini del comma 11, dell’articolo 43 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n.177 (appunto il Tusmar, ndr)». In questa prospettiva, prosegue la relazione, «poichè Telecom Italia consegue ricavi superiori al 40% dei ricavi riconducibili alle comunicazioni elettroniche e Mediaset consegue ricavi superiori al 10% del sistema integrato delle comunicazioni, attraverso partecipazioni azionarie si determinerebbe una violazione delle disposizioni vigenti poste a tutela del pluralismo, previste in particolare dal citato articolo 43, comma 11».
Ma cosa dice il comma 11 dell’articolo 43 del Tusmar? Testualmente dice che «le imprese, anche attraverso società controllate o collegate, i cui ricavi nel settore delle comunicazioni elettroniche sono superiori al 40% dei ricavi comples-