Borse, mini-frenata dopo l’avvio sprint
L’incertezza per i prossimi mesi raffredda gli entusiasmi dopo i record a Wall Street e la corsa dei listini Ue - Oscillazioni su valute e rendimenti dei bond Dubbi sulle politiche espansive di Trump, tensioni politiche nella Ue, fragilità dell’economia
La prima settimana del 2017 sulle Borse è partita nel segno dell’ottimismo e si è conclusa con una pausa di riflessione. Secondo quanto previsto gli esperti, l’andamento potrebbe essere una sintesi di quanto succederà sui mercati finanziari nei prossimi mesi, nel migliore dei casi.
Gli scenari disegnati dalle case di investimento, infatti, avvertono che a fronte di maggiori opportunità nelle azioni per via di migliori prospettive di crescita globale – e anche perché i ritorni delle obbligazioni sono limitati dai prezzi record – vi sono molte incognite, che vanno dalla effettiva realizzazione dei programmi espansivi di Trump, alle tensioni politiche in Europa, alla fragilità dello sviluppo nei Paesi emergenti.
Nei giorni scorsi, in realtà, i listini azionari si sono limitati a rallentare il ritmo nelle ultime sedute e, nel frattempo, Milano e Tokyo guidavano i rialzi (rispettivamente a +2,4% e +1,8% sul venerdì precedente, dopo aver chiuso lo scorso anno come piazze peggiori) e il Nasdaq segnava nuovi massimi storici. Invece, è sulle obbligazioni e sulle valute che si sono registrate le oscillazioni più violente e i volumi ancora festivi hanno acuito i movimenti.
Dapprima l’inflazione dell’Eurozona a +1,1%, un aumento dei prezzi al consumo che non si verificava dal 2013, ha alzato il premio di rendimento rispetto al Bund chiesto dagli investitori dei titoli di Stato dei Paesi meno affidabili; quello del Btp, in particolare, è salito alla soglia dell’1,7%, perché l’emissione italiana fa sempre da parafulmine alla solidità dell’Unione Europea. Il paradosso, frutto della zoppicante Unione Monetaria che non può contare sull'unità politica e fiscale, è che in Italia i prezzi al consumo sono tuttora anemici e anche a dicembre sono variati dello 0,5% (e in media sono calati dello 0,1% nel 2016), contro il +1,7% della Germania. Sul carovita, comunque, possono fare perno gli oppositori della politica monetaria espansiva della Banca Centrale Europea difesa da Mario Draghi, seppure il salto - per ora in gran parte dovuto al petrolio - dovrà essere testato.
L’altra bordata a obbligazioni e monete è arrivata da Oltreoceano, con le stime di giovedì, seguite dal numero ufficiale di ieri, dei nuovi occupati statunitensi. Entrambe le rilevazioni sono state inferiori alle aspettative, però l’anticipazione ha abbattuto il dollaro e riportato gli acquisti sui titoli di Stato Usa, mentre la statistica definitiva del ministero del Lavoro di
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