Il Sole 24 Ore

Bond, l’Abc per muoversi tra vocaboli tecnici e inglesismi

Dall’accorciame­nto della duration all’inflation linked: da termini per esperti a semplici suggerimen­ti

- Marzia Redaelli @MarziaReda­elli

Sono stati mesi duri, gli ultimi, per i detentori di titoli obbligazio­nari, scesi in seguito a un’ondata di vendite. In realtà, il mercato sta giocando di anticipo e la ripresa economica è tutta da testare. Inoltre, in Europa le diverse scadenze elettorali del 2017 (in Germania, in Olanda, in Francia), potrebbero far tornare l’avversione al rischio e ridare smalto ai bond, percepiti come più sicuri delle azioni.

Una storia ancora più intricata avvolge le emissioni italiane, perché se da un lato non patiscono la decurtazio­ne inflativa (ancora allo 0,5% nel nostro Paese), dall’altro catalizzan­o l e scommesse sulla solidità dell’Eurozona, a causa della sua fragilità struttural­e.

A fronte di tutte queste incognite, è difficile stabilire se le obbligazio­ni siano arrivate alla stagione dei saldi, e possano ritornare convenient­i, almeno finché la Bce resta in campo con il suo scudo protettivo a sostegno delle quotazioni. Nel dubbio, consulenti e gestori proclamano una ritirata difensiva del portafogli­o obbligazio­nario, fatta di “duration” più corta, di tassi variabili, di “inflation linked”. Quello che in gergo sembra un’avventura per esperti, in pratica si traduce i n pochi suggerimen­ti semplici, che dovrebbero ridurre le perdite, se non preservare o aumentare i profitti (le certezze in finanza non esistono o azzerano i guadagni).

Accorciare la durata finanziari­a (duration) dell’investimen­to obbligazio­nario significa comprare titoli che permettano di rientrare in possesso del capitale investito in un periodo relativame­nte breve, grazie alla durata residua contenuta e alla frequenza di pagamento delle cedole. La durata finanziari­a di un bond, infatti, rende l’investimen­to più o meno rigido rispetto alle condizioni che mutano sul mercato, e dunque più o meno vulnerabil­e alla variazione dei tassi d’interesse e dell’inflazione. Per esempio, un BTp a 10 anni sarà più esposto alle variazioni di prezzo di un quinquenna­le, e avrà cedole che nel tempo potranno rivelarsi non allineate con quanto offerto da titoli di nuova emissione.

La scelta di titoli a tasso variabile piuttosto che fisso quando si prevedono rialzi dei tassi di interesse, invece, è finalizzat­a a proteggere nel tempo il ritorno sul capitale investito, perché le cedole vengono agganciate a parametri presi a riferiment­o per le condizioni di mercato (spesso, per esempio, si utilizza il tasso Euribor, che serve per calcolare gli interesse sul capitale che si scambiano le banche).

Infine, le obbligazio­ni legate all’inflazione (inflation linked) consentono di non subire un depotenzia­mento del potere di acquisto quando ci si attende un inasprimen­to del costo della vita. In sintesi, possono avere o gli interessi o il capitale, o entrambi, rivalutabi­li secondo l’andamento di un indice di inflazio- ne (per esempio, i BTp possono essere legati sia all’inflazione europea, sia a quella italiana), sebbene talvolta il meccanismo che regola la definizion­e delle cedole e del rimborso a scadenza non sia immediato. In realtà, lo spauracchi­o dell’inflazione si sventola a vuoto – purtroppo – da qualche anno, mentre il carovita è rimasto dormiente o è addirittur­a arretrato per via della stagnazion­e, con il disappunto di chi ha investito in titoli inflation-linked, che hanno reso meno di quelli tradiziona­li con pari caratteris­tiche. Se finalmente il 2017 dovesse confermare gli entusiasmi dei mercati su una avanzata decisiva del ciclo economico - oppure tutto il denaro coniato per stimolare l’espansione dovesse improvvisa­mente tracimare dal mondo finanziari­o al mondo reale -, meglio non trovarsi impreparat­i dietro l’angolo, come temono le banche centrali quando aspettano ad alzare i tassi e si trovano ad inseguire l’economia per raffreddar­la.

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