Bond, l’Abc per muoversi tra vocaboli tecnici e inglesismi
Dall’accorciamento della duration all’inflation linked: da termini per esperti a semplici suggerimenti
Sono stati mesi duri, gli ultimi, per i detentori di titoli obbligazionari, scesi in seguito a un’ondata di vendite. In realtà, il mercato sta giocando di anticipo e la ripresa economica è tutta da testare. Inoltre, in Europa le diverse scadenze elettorali del 2017 (in Germania, in Olanda, in Francia), potrebbero far tornare l’avversione al rischio e ridare smalto ai bond, percepiti come più sicuri delle azioni.
Una storia ancora più intricata avvolge le emissioni italiane, perché se da un lato non patiscono la decurtazione inflativa (ancora allo 0,5% nel nostro Paese), dall’altro catalizzano l e scommesse sulla solidità dell’Eurozona, a causa della sua fragilità strutturale.
A fronte di tutte queste incognite, è difficile stabilire se le obbligazioni siano arrivate alla stagione dei saldi, e possano ritornare convenienti, almeno finché la Bce resta in campo con il suo scudo protettivo a sostegno delle quotazioni. Nel dubbio, consulenti e gestori proclamano una ritirata difensiva del portafoglio obbligazionario, fatta di “duration” più corta, di tassi variabili, di “inflation linked”. Quello che in gergo sembra un’avventura per esperti, in pratica si traduce i n pochi suggerimenti semplici, che dovrebbero ridurre le perdite, se non preservare o aumentare i profitti (le certezze in finanza non esistono o azzerano i guadagni).
Accorciare la durata finanziaria (duration) dell’investimento obbligazionario significa comprare titoli che permettano di rientrare in possesso del capitale investito in un periodo relativamente breve, grazie alla durata residua contenuta e alla frequenza di pagamento delle cedole. La durata finanziaria di un bond, infatti, rende l’investimento più o meno rigido rispetto alle condizioni che mutano sul mercato, e dunque più o meno vulnerabile alla variazione dei tassi d’interesse e dell’inflazione. Per esempio, un BTp a 10 anni sarà più esposto alle variazioni di prezzo di un quinquennale, e avrà cedole che nel tempo potranno rivelarsi non allineate con quanto offerto da titoli di nuova emissione.
La scelta di titoli a tasso variabile piuttosto che fisso quando si prevedono rialzi dei tassi di interesse, invece, è finalizzata a proteggere nel tempo il ritorno sul capitale investito, perché le cedole vengono agganciate a parametri presi a riferimento per le condizioni di mercato (spesso, per esempio, si utilizza il tasso Euribor, che serve per calcolare gli interesse sul capitale che si scambiano le banche).
Infine, le obbligazioni legate all’inflazione (inflation linked) consentono di non subire un depotenziamento del potere di acquisto quando ci si attende un inasprimento del costo della vita. In sintesi, possono avere o gli interessi o il capitale, o entrambi, rivalutabili secondo l’andamento di un indice di inflazio- ne (per esempio, i BTp possono essere legati sia all’inflazione europea, sia a quella italiana), sebbene talvolta il meccanismo che regola la definizione delle cedole e del rimborso a scadenza non sia immediato. In realtà, lo spauracchio dell’inflazione si sventola a vuoto – purtroppo – da qualche anno, mentre il carovita è rimasto dormiente o è addirittura arretrato per via della stagnazione, con il disappunto di chi ha investito in titoli inflation-linked, che hanno reso meno di quelli tradizionali con pari caratteristiche. Se finalmente il 2017 dovesse confermare gli entusiasmi dei mercati su una avanzata decisiva del ciclo economico - oppure tutto il denaro coniato per stimolare l’espansione dovesse improvvisamente tracimare dal mondo finanziario al mondo reale -, meglio non trovarsi impreparati dietro l’angolo, come temono le banche centrali quando aspettano ad alzare i tassi e si trovano ad inseguire l’economia per raffreddarla.