«Superata la barriera dei costi»
alle norme speciali adottate con riguardo alle quattro banche «risolte» e a Mps, dove la distinzione dipende dalle regole europee in materia di gestione delle crisi bancarie. Fuori da questa ipotesi e, in particolare, nelle controversie rimesse alla competenza dell’Acf, la distinzione non sussiste. Azioni e obbligazioni sono strumenti finanziari oggetto dei servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio prestati dagli intermediari a beneficio della clientela. Poiché le regole di comportamento che l’Acf è chiamato ad applicare riguardano la prestazione dei servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio, indipendentemente dal tipo di strumento finanziario che ne costituisce l’oggetto, i titolari di azioni, obbligazioni o quote di fondi comuni sono trattati in modo del tutto uguale. Nei giudizi dell’Acf sul rispetto degli obblighi di diligenza, correttezza e trasparenza da parte degli intermediari conta lo status di cliente, non il tipo di investimento.
L’Abf ha avuto successo perché ha dato risposta anche a casi minori. Questo può ripetersi nel mondo degli investimenti?
Certo, esattamente per la logica di eliminazione dei costi legali che ricordavo prima. Va, però, considerato come il successo dell’Abf dipenda anche dalla decisione di Banca d’Italia di dedicare numerose risorse alla segreteria tecnica che permette il concreto funzionamento dell’Abf. Si tratta di un investimento impegnativo, che è, però, assolutamente essenziale. Quanto ai casi minori, occorre, peraltro, considerare che, soprattutto quando si tratta di vicende seriali, esiste il rischio di comportamenti opportunistici da parte di « gestori » che sollecitano i clienti a ricorrere, nella prospettiva di lucrare una parte degli importi conseguiti da questi ultimi a seguito di una decisione favorevole. Un’intelligente gestione del sistema è chiamata a confrontarsi anche con questa eventualità che, purtroppo, l’esperienza dell’Abf dimostra essere reale.