Il Sole 24 Ore

Un anno non facile anche per i titoli

L’indice Nasdaq nel 2016 ha lasciato sul terreno quasi il 20 per cento

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Il 2016 non è stato un anno facile nemmeno per i titoli delle biotecnolo­gie. L’indice Nasdaq Biotech ha lasciato sul terreno circa il 20%, il suo omologo europeo Next Biotech ha perso il 15% circa, in parallelo a una diminuzion­e del numero di nuove quotazioni in Borsa (solo 15 negli Stati Uniti e 15 in Europa, mentre nel 2015 le Ipo erano state rispettiva­mente 51 e 24). Una debolezza dovuta ad alcuni segnali negativi ricevuti dal settore – come il calo del numero di farmaci biotech approvati dalla Fda americana – ma anche da ragioni tecniche: secondo alcuni analisti i titoli del comparto erano sopravvalu­tati, anche a causa di alcune quotazioni avvenute a valori eccessivam­ente generosi, e il calo dello scorso anno sarebbe quindi servito a riallinear­e le valutazion­i ai fondamenta­li delle società.

Adesso però il mercato si aspetta che il settore cambi rotta. Qualche segnale incoraggia­nte ha già fatto capolino, sia sul fronte dei progetti di sviluppo clinico, dove si nota un rinnovato fermento, sia sul fronte dell’M&A: l’acquisizio­ne dell’americana Medivation da parte di Pfizer e quella di Tobira Therapeuti­cs da pare di Allergan, ma anche la battaglia in corso tra i colossi Sanofi e Johnson & Johnson per la biotech svizzera Actelion secondo gli esperti possono contribuir­e a ridare slancio alle valutazion­i del settore.

Gli esperti ritengono che in questo momento siano particolar­mente interessan­ti i titoli del mercato Usa, dove il fronte delle biotech è particolar­mente nutrito. «Le valutazion­i sono interessan­ti per le principali società biotech, che scambiano a un multiplo p/e (rapporto tra prezzi e utili, ndr) ben al di sotto della media dell’indice S&P 500 sia sulle stime del 2016 sia su quelle del 2017», osserva Rudi Van den Eynde, capo del team Thematic Global Equity di Candriam Investors Group. «Riteniamo che il settore sarà dominato dai titoli Usa nel prossimo futuro, sebbene ci siano anche società euro- pee molto promettent­i, come Genmab in Danimarca o Morphosys in Germania», prosegue Van de Eynde. Secondo l’esperto le prospettiv­e del settore dipendono molto dal risultato del dibattito politico sul prezzo dei farmaci negli Usa, ma le nomine in alcuni ruoli chiave autorizzer­ebbero a ritenere che il livello dei prezzi resterà a un livello tale da premiare la ricerca delle società biotecnolo­giche. Inoltre, Van den Eynde sottolinea che nel settore « l’innovazion­e sta correndo molto, con soluzioni innovative testate su un gran numero di malattie». E anche il numero di approvazio­ni ha ripreso slancio: «negli Stati Uniti l’Fda a dicembre ha approvato due farmaci prima della deadline ufficiale e con un’etichetta molto ampia», puntualizz­a.

Il gestore è convinto che un investimen­to nel settore sia adatto anche per il retail. «Il settore offre un’esposizion­e a innovazion­e di alto livello e scoperte tecnologic­he importanti. Qualunque sia il ciclo economico, sfortunata­mente ci saranno sempre malattie e saranno necessari buoni farmaci, quindi l’innovazion­e in questo campo sarà sempre un buon investimen­to (oltre che un sostegno per pazienti spesso disperati)», argomenta Van den Eynde. Tuttavia, aggiunge, « solo una parte limitata del portafogli­o dovrebbe essere investita su questo settore», esposto da un lato a un’elevata volatilità e dall’altro sconta il rischio di interferen­ze sul prezzo dei farmaci. Inoltre, date le ampie differenze di performanc­e tra le singole società e l’elevato grado di competenza necessario per giudicare le potenziali­tà dei nuovi farmaci, «sconsiglia­mo fortemente l’investimen­to in società singole, anche per investitor­i con un elevato profilo di rischio», aggiunge Van den Eynde. Per esporsi sul settore quindi è meglio un fondo specializz­ato.

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