La Cina apre nuovi accessi per le Borse
Coinvolto anche il listino della piazza di Shenzen Oggi appena l’1% delle azioni è in mano a investitori esteri
Si allarga l’accesso degli investitori occidentali al mercato azionario cinese. Da poco più di un mese è stato lanciato lo Shenzen-Hong Kong Stock Connect, che insieme al già esistente Shanghai-Hong Kong Stock Connect offre l’unica via diretta per gli stranieri per investire nel mercato azionario cinese continentale denominato in renminbi. L’economia del Dragone sta frenando rispetto ai picchi degli ultimi anni ma continua a mostrare ancora tassi di crescita ampiamente al di sopra delle principali economie occidentali.
I due programmi di connessione danno accesso a più del 50% della capitalizzazione di mercato in Cina. A fine ottobre 2016, il volume d’affari da inizio anno di Shenzen e Shanghai rappresentava circa il 22% del volume borsistico globale e con 16 trilioni di dollari rimane di gran lunga il più grande al mondo. Eppure, solo l’1% della capitalizzazione del mercato cinese è in mano agli investitori stranieri. Il grande evento a cui guardano gli investitori è quello di una piena inclusione delle azioni di classe A (quelle quotate a Shanghai e Shenzen) nell’indice Msci Emerging Markets: una mossa rinviata lo scorso anno e che potrebbe concretizzarsi nel 2017 anche se non ci sono certezze.
La scommessa da parte degli investitori istituzionali, ma anche retail, è quella di puntare sulla liberalizzazione in campo finanziario della seconda economia mondiale. La Cina avrà sempre più peso nei portafogli e già oggi gli investitori italiani possono accedervi con fondi ed Etf. La Borsa di Shanghai lo scorso anno ha chiuso in rosso e deve ancora metabolizzare lo scoppio della bolla del 2015: gli osservatori mettono quindi in conto ancora una spiccata volatilità nel breve.
Attraverso il Connect Program, non solo gli investitori stranieri possono comprare azioni del listino continentale denominate in renminbi, ma gli investitori cinesi possono acquistare azioni denominate in dollari di Hong Kong. «Grazie ai programmi Shenzen e Shangai-Hong Kong Stock Connect – sottolinea Wojciech Stanislawski, gestore del Comgest Growth emerging markets – gli investitori hanno ottenuto quote aggiuntive rispetto ai vecchi sistemi Rqfii (Rmb qualified foreign institutional investor) e Qfii (Qualified foreign institutional investor), che esistevano di già prima che la Cina lanciasse i due progetti di connessione. Considerati nel loro complesso, gli investitori stranieri potrebbero oggi detenere, in linea teorica, il 3,5% della capitalizzazione di mercato, contro l’appena 0,5% di 4 anni fa. Finora, solo l’1,3% della capitalizzazione di mercato delle azioni di classe A è nelle mani degli investitori esteri, motivo per cui c’è per essi ancora spazio per l’aumento dell’esposizione». Resta il nodo irrisolto delle dinamiche dello yuan/renminbi (si veda altro pezzo in pagina), con il potenziale impatto in termini di effetto valuta sugli strumenti finanziari.
«Secondo una stima di Citi – continua Stanislawski – il 7% della capitalizzazione di mercato delle azioni di classe A sarà detenuta da investitori stranieri entro il 2020, dato che comporta un flusso di 3,6 trilioni di reminbi. Nel complesso siamo ancora all’inizio del processo, ma il percorso appare chiaro. Sempre più investitori investiranno in Cina».