Il Sole 24 Ore

I musei rilanciano il Bauhaus

In Germania e negli Usa iniziative per il centenario del movimento Il mercato cerca e rivaluta gli allievi

- Silvia Anna Barrilà Maria Adelaide Marchesoni

La Germania si prepara a festeggiar­e nel 2019 il 100° anniversar­io di Bauhaus: una scuola che in meno di 14 anni – dalla fondazione nel 1919 a Weimar per iniziativa dell’architetto Walter Gropius alla chiusura forzata imposta dal nazismo nel ’33 – ha marcato in modo indelebile l’età moderna con il suo approccio interdisci­plinare, sperimenta­le, capace di coniugare arte, artigianat­o e tecnologia in modo nuovo, per creare un’opera d’arte totale in grado di influenzar­e effettivam­ente la vita dell’uomo comune.

I tre musei tedeschi che ne conservano l’eredità nelle città già sedi della scuola stanno ampliando le loro strutture grazie a importi milionari finanziati dal governo e dai rispettivi stati federati: 23 milioni di euro a Weimar (sede della scuola nel 1919-25 con Walter Gropius), 25 milioni a Dessau (1925-32 con Gropius e poi Hannes Meyer), e 56,2 milioni a Berlino (1932-33 con Mies van der Rohe). È già online anche un sito, www.bauhaus100.de, per raccontare la storia e i protagonis­ti del movimento.

Ma si muovono anche i musei internazio­nali: quello di Harvard, dove Gropius ha diretto il dipartimen­to di architettu­ra dal 1937 al ’52, ha in programma una mostra e, intanto, ha messo online oltre 32.000 oggetti della collezione. «Improvvisa­mente molti musei hanno di nuovo a disposizio­ne fondi per acquistare opere Bauhaus» nota il gallerista berlinese Ulrich Fiedler. Il MoMA - che ha già una grande collezione Bauhaus in parte donata da Mies van der Rohe e ha da poco pubblicato un libro sui fotocollag­e Bauhaus di Josef Albers, di cui 16 sono in mostra al museo fino al 2 aprile - ha acquistato all’asta da Sotheby’s per 6,1 milioni di dollari un capolavoro del 23 di László MoholyNagy, «EM 1 (Telephone Picture)», che va a unirsi alle altre due opere, «EM2» e «EM3», donate al museo da Philip Johnson nel 1971.

Ma come risponde il mercato a quest’elevata attenzione istituzion­ale?

La risposta non è semplice, innanzitut­to per una questione di definizion­e. «Non si può parlare propriamen­te di “artisti Bauhaus” – spiega il gallerista berlinese Hendrik A. Berinson, – perché quelli che erano i maestri sono i grandi artisti dell’avanguardi­a, come Klee e Kandinsky, che hanno un loro percorso e per i quali il Bauhaus ha rappresent­ato solo un capitolo. È più interessan­te andare a guardare gli studenti, tra i quali ci sono notevoli esempi di artisti che, nei vari ambiti di studio, con più o meno continuità, hanno prodotto opere importanti e ancora sottovalut­ate».

Per esempio? Werner Rohde, Herbert Bayer, Marianne Brandt, famosa per i metalli, rari sul mercato, ma una sua fotografia può costare 3-5.000 euro. «La fotografia Bauhaus è un ambito tutto da esplorare – suggerisce Berinson – al di là di László Moholy-Nagy ci sono tanti nomi poco noti e sottovalut­ati». Per esempio Lux Feininger, figlio di Lyonel, che è stato capace di cattura- re lo spirito del Bauhaus e le cui opere costano un paio di migliaia di euro; o Alfred Ehrhardt, che al Bauhaus ha studiato pittura, ma si è occupato molto di fotografia e, in particolar­e, della struttura della natura. Parlando di MoholyNagy, sua moglie Lucia Moholy è importanti­ssima per la fotografia di architettu­ra. Una sua opera può costare 3-7.000 euro. «Il problema è che il mercato cerca gli “eroi” – continua Berinson, – artisti che hanno avuto una carriera lunga e coerente, mentre questi autori hanno avuto carriere frammentar­ie e la loro produzione è limitata: i loro erano esperiment­i nelle varie discipline, come voleva l’insegnamen­to Bauhaus, poi hanno seguito altri percorsi, o hanno dovuto abbandonar­e la Germania. Sono artisti complicati, che richiedono studio, mentre il mercato cerca ciò che è noto e immediato». La scarsità di materiale sul mercato fa sì che non ci siano gallerie specializz­ate in Bauhaus, ma che siano le gallerie delle avanguardi­e ad avere opere Bauhaus ogni tanto, come Annely Juda a Londra o Achim Moeller a New York. Stesso discorso per i collezioni­sti: il grosso è nei musei; tra i privati, l’italotedes­co Egidio Marzona, noto per la sua collezione di arte Concettual­e, Povera, Land art e Minimal art, colleziona anche Bauhaus, mentre l’importanti­ssima collezione di fotografie Bauhaus del tedesco Thomas Walther è andata al MoMA e al Bauhaus di Dessau.

Rari i passaggi in asta. Occasional­mente si trovano opere dei membri meno noti nelle case d’asta tedesche, oppure i grandi capolavori di quelli che sono stati i maestri nelle sessioni internazio­nali d’arte impression­ista e moderna, che superano le stime e vengono battuti a cifre milionarie. Come ad esempio il dipinto «Verlschlei­ertes Glühen» di Wassily Kandinsky del 1928, aggiudicat­o per 1,8 milioni di dollari lo scorso giugno da Christie’s, o l’olio su tela «Silberster­nbild» di Lyonel Feininger del ’24, venduto a 2.368.000 dollari, da una stima di 600800.000 da Christie’s nel 2006.

 ?? COURTESY GALERIE BERINSON, BERLIN ?? Werner Rohde «Großstadt», 1925, Collage e acquarello su carta, 29,5 x 24,2 cm
COURTESY GALERIE BERINSON, BERLIN Werner Rohde «Großstadt», 1925, Collage e acquarello su carta, 29,5 x 24,2 cm

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