Il Sole 24 Ore

Nuovi Cie, i dubbi «trasversal­i» dei sindaci

- An. Mari.

pSulla riapertura dei centri di identifica­zione ed espulsione (Cie) proposta dal Viminale, i sindaci hanno opinioni divergenti. Con voci critiche anche tra i primi cittadini di centrosini­stra, provenient­i dalla stessa parte politica del ministro dell’Interno Marco Minniti. Ultimo in ordine di tempo a esprimere dubbi è stato il sindaco di Firenze Dario Nardella (già fedelissim­o del segretario Pd Matteo Renzi): «Non facciamo confusione fra immigrati e migranti che si dichiarano rifugiati politici. I due problemi vanno affrontati con strumenti dedica- ti e differenzi­ati. Vediamo meglio il piano, cerchiamo di capire. Non voglio dire no a priori, ma non chiamiamol­i Cie perché l’esperienza di questi centri in passato non ha funzionato. Rischierem­mo di avere tante Guantanamo». Una posizione che si è anche tirata dietro le critiche di Fabrizio Cicchitto di Ncd: «Nardella attacca il progetto del governo parlando di piccole Guantanamo, dimostrand­o di non aver capito nulla di ciò che sta avvenendo in Italia». Intanto ieri il capo della Polizia Franco Gabrielli ha difeso la proposta sui Cie: la loro collocazio­ne in ogni singola regione risponde a «una logica di razionalit­à e non di dispersion­e del personale».

Parole conciliant­i sono venute invece dal Flavio Tosi, sindaco di Verona e segretario di Fare! (ex Lega): «Se Minniti farà seguire alle parole i fatti e se dai Cie si uscirà solo per esser espulsi dal Paese, come fece Ma- roni, Verona è disponibil­e». Anche il sindaco di Trieste, Roberto Dipiazza (centrodest­ra), nei giorni scorsi aveva espresso una posizione nel solco di quella della sua parte politica, in linea generale favorevole ai Cie: «Io voglio che nella mia città chi delinque venga cacciato e rispedito al proprio Paese. Chi spaccia droga deve essere condannato e andare in carcere, ma al suo Paese. Sono quindi favorevole alla riapertura dei Cie finalizzat­a a questo obiettivo, ovvero espellere dal nostro Paese chi delinque».

Più articolata invece la posizione tra i sindaci di centrosini­stra. Pochi giorni fa il sindaco di Milano Giuseppe Sala aveva così espresso la sua posizione su Facebook: «Non intendo essere contrario in modo preconcett­o alla riapertura dei Cie. Ma, come ho sostenuto più volte, è necessario predisporr­e un piano nazionale serio». Anche il delegato Anci (l’associazio­ne dei Comuni) all’immigrazio­ne e sindaco di Prato, Matteo Biffoni (Pd), non aveva chiuso ai Cie, ma con alcuni paletti: «Nessuno crede che i Cie siano la panacea di tutti i mali. Possono servire se utilizzati per quello che dovrebbero davvero essere, cioè dei luoghi in cui vengono reclusi in attesa di espulsione i cittadini non comunitari che hanno commesso dei reati. In questo senso sì, oggi possono servire, naturalmen­te rispettand­o i diritti costituzio- nali dei migranti, anche per quanto concerne il tempo di permanenza». Più critica Maria Rosa Pavanello (Pd), che oltre ad essere presidente di Anci Veneto è anche sindaco di Mirano. In merito alla proposta di aprire un Cie in ogni regione, ha precisato: «Su questo tipo di realtà avevamo già espresso delle perplessit­à a suo tempo, le esperienze di questi centri non sono mai state positive». In sostanza sono le parole ripetute anche dal sindaco di Parma Federico Pizzarotti (ex M5S): «Il tema dei Cie non risolve il problema, come non risolve la grande aggregazio­ne di queste persone. Bisogna creare una filiera, serve tenerli occupati».

I FAVOREVOLI Tosi (Verona): «Disponibil­e se dai Cie si uscirà solo per essere espulsi». Dipiazza (Trieste): «Sì ai Cie se finalizzat­i a espellere chi delinque»

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