Il Sole 24 Ore

Rifugiati e clandestin­i, percorso a ostacoli

- M. Lud.

Èun’odissea finita, in apparenza, quando arriva il soccorso al barcone. Nel canale di Sicilia le navi della Marina militare, della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera, ma anche unità commercial­i italiane e straniere, raccolgono i disperati sui gommoni. Le imbarcazio­ni più grandi dello Stato italiano hanno anche personale sanitario: è la primissima accoglienz­a. Nel frattempo scattano le comunicazi­oni con il dipartimen­to Ps, guidato da Franco Gabrielli, e quello Libertà civili, diretto da Mario Morcone. Nel- l’attesa dell’approdo in porto il Viminale avverte la prefettura locale. Ma anche quella della destinazio­ne in un centro di accoglienz­a: la pianificaz­ione non può attendere. I ritmi delle procedure sono frenetici, convulsi. Con le questure vanno organizzat­i i trasferime­nti. Sul molo c’è altro personale medico. Poi le forze di polizia e i volontari delle ong-organizzaz­ioni non governativ­e fanno sì che i migranti arrivino negli hot spot, i centri attrezzati post-sbarco.

Si procede a una pre-identifica­zione con il rilascio delle ge- neralità. Le ong informano gli stranieri sul diritto di presentare domanda d’asilo, vale per chiunque. Gli agenti della Scientific­a fanno i rilievi delle impronte digitali e i cosiddetti foto-segnalamen­ti. I poliziotti si collegano alle banche dati Afis ed Eurodac: si controlla subito se il migrante ha precedenti penali in Italia e in Europa, se è già approdato in passato, se è stato espulso. Se così fosse è destinato a un Cie (centro di identifica­zione ed espulsione) o quantomeno riceve un decreto del questore ad allontanar­si dall’Italia. Nella stragrande maggioranz­a dei casi, invece, gli stranieri sono poi trasferiti in un centro di accoglienz­a con autobus privati, pagano le prefetture. In qualche caso - se nell’urgenza di trasportar­li non è stato possibile fare subito tutte le identifica­zioni - sono scortati da unità delle forze dell’ordine. A destinazio­ne si arriva in un centro dove si completano le procedure di registrazi­one. Nelle strutture di accoglienz­a c’è il solo obbligo di rientrare la sera per dormire ma non ci sono altri limiti o vincoli di entrata e di uscita.

Il capitolo dei Cie (centri di identifica­zione ed espulsione), invece, è molto più drammatico. Sono luoghi di detenzione, il provvedime­nto del questore è del cosiddetto «trattenime­nto». Il Cie non può essere un carcere ma quando si entra non si esce, per una permanenza fino a tre mesi. Nel frattempo il Viminale attiva le procedure per l’identifica­zione dello straniero - di solito è interpella­to il consolato - se vanno a buon fine l’immigrato finisce su un volo di rimpatrio. A condizione che lo stato di origine abbia un accordo di riammissio­ne con l’Italia. Quasi sempre, il migrante non ha alcuna intenzione di tornare in patria. Ma se scappa dal Cie poliziotti e carabinier­i non possono arrestarlo. Non possono usare le manette. Non hanno regole di ingaggio né tantomeno la possibilit­à o quantomeno la legittimit­à di ricorrere alla forza. Nei Cie gli stranieri protestano fino a distrugger­e di tutto, i danni sono di migliaia di euro. Ma il dramma con gli agenti è quando i migranti devono essere rimpatriat­i: nella disperazio­ne, fanno di tutto. Le linguette dei barattoli di Coca Cola, nascoste sotto la lingua, sono state usate da alcuni egiziani per svenarsi a ridosso della partenza per l’aeroporto. Il sangue schizzava dappertutt­o, una scena da film horror.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy