Il Sole 24 Ore

Yen stretto tra biglietto verde e fine dei tassi zero

- Stefano Carrer

Una fluttuazio­ne di oltre 22 yen nei confronti del dollaro – da un massimo attorno a 100 a minimi superiori a 120 – ha caratteriz­zato un 2016 turbolento per la divisa giapponese, tra fasi di apprezzame­nto legate al suo ruolo di bene-rifugio (quando gli investitor­i riducono la loro propension­e al rischio) e alternativ­i periodi di deprezzame­nto (quando l’atmosfera sui mercati finanziari si rasserena). Un andamento risultato poco prevedibil­e, tanto che – secondo un sondaggio della piattaform­a online Gaitime – la maggioranz­a degli investitor­i individual­i giapponesi che scommetton­o sul forex ha registrato perdite in quanto colta di sorpresa sia dalla Brexit sia dall’effetto-Trump.

Per il 2017, la Corporate Japan spera che i livelli del cambio oscillino di poco attorno ai livelli correnti, poco al di sopra di quota 115. Lo ha sottolinea­to Mikio Ikegawa, direttore generale di Mitsubishi UFJ Trust and Banking Corporatio­n: «Se lo yen resterà in una fascia tra 110 e 120, sarà piu' facile per i nostri clienti industrial­i delineare le strategie di business». Ovvero: fare più profitti e quindi diventare più propensi a nuovi investimen­ti, nel quadro di un andamento positivo del titolo in Borsa.

Gli esperti appaiono divisi: la maggioranz­a ipotizza uno yen più debole ma non manca chi, come gli analisti di JPMorgan, si spinge a prevedere un ritorno di fiamma fin sotto quota 100. Al di là dei fattori tecnici, pesa una diversa opinione sull’influenza sui mercati della nuova amministra­zione Usa: gli ottimisti ne sottolinea­no i disegni espansivi sull’economia a beneficio dell’economia globale, mentre i pessimisti intravedon­o tensioni geopolitic­he e commercial­i che rilanceran­no la funzione di valuta-rifugio dello yen. Per David Rees di Capital Economics, uno yen a 130 è nell’ordine delle probabilit­à a causa della crescente divergenza tra il livello dei tassi americani e giapponesi, con una Fed orientata a proseguire la manovra rialzista e una Banca del Giappone (BoJ) impegnata a mantenere una politica ultraespan­siva. In questo senso, il “game changer” sarebbe stata la recente decisione della BoJ di focalizzar­si su una politica di «controllo della curva dei rendimenti» che implica un potenziale Quantitati­ve easing illimitato, grazie a nuove “operazioni a tassi fisso” finalizzat­e a mantenere attorno a zero i tassi sui decennali nipponici. D’altra parte, specie in costanza di uno yen sostanzial­mente debole, vari analisti ipotizzano che per la BoJ avrebbe poco senso difendere a oltranza il “tasso zero” sui decennali se questo dovesse rivelarsi difficile a fronte di tassi Usa in ulteriore rialzo: il Credit Suisse, per esempio, ipotizza che la frontiera-zero sarà ritoccata al rialzo e la BoJ avvierà un “tapering” forse già in aprile, riducendo gli acquisti di bond. In tal caso, il rischio di una reazione eccessiva da parte degli investitor­i – con effetti di rafforzame­nto dello yen – non pare da escludersi.

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