Yen stretto tra biglietto verde e fine dei tassi zero
Una fluttuazione di oltre 22 yen nei confronti del dollaro – da un massimo attorno a 100 a minimi superiori a 120 – ha caratterizzato un 2016 turbolento per la divisa giapponese, tra fasi di apprezzamento legate al suo ruolo di bene-rifugio (quando gli investitori riducono la loro propensione al rischio) e alternativi periodi di deprezzamento (quando l’atmosfera sui mercati finanziari si rasserena). Un andamento risultato poco prevedibile, tanto che – secondo un sondaggio della piattaforma online Gaitime – la maggioranza degli investitori individuali giapponesi che scommettono sul forex ha registrato perdite in quanto colta di sorpresa sia dalla Brexit sia dall’effetto-Trump.
Per il 2017, la Corporate Japan spera che i livelli del cambio oscillino di poco attorno ai livelli correnti, poco al di sopra di quota 115. Lo ha sottolineato Mikio Ikegawa, direttore generale di Mitsubishi UFJ Trust and Banking Corporation: «Se lo yen resterà in una fascia tra 110 e 120, sarà piu' facile per i nostri clienti industriali delineare le strategie di business». Ovvero: fare più profitti e quindi diventare più propensi a nuovi investimenti, nel quadro di un andamento positivo del titolo in Borsa.
Gli esperti appaiono divisi: la maggioranza ipotizza uno yen più debole ma non manca chi, come gli analisti di JPMorgan, si spinge a prevedere un ritorno di fiamma fin sotto quota 100. Al di là dei fattori tecnici, pesa una diversa opinione sull’influenza sui mercati della nuova amministrazione Usa: gli ottimisti ne sottolineano i disegni espansivi sull’economia a beneficio dell’economia globale, mentre i pessimisti intravedono tensioni geopolitiche e commerciali che rilanceranno la funzione di valuta-rifugio dello yen. Per David Rees di Capital Economics, uno yen a 130 è nell’ordine delle probabilità a causa della crescente divergenza tra il livello dei tassi americani e giapponesi, con una Fed orientata a proseguire la manovra rialzista e una Banca del Giappone (BoJ) impegnata a mantenere una politica ultraespansiva. In questo senso, il “game changer” sarebbe stata la recente decisione della BoJ di focalizzarsi su una politica di «controllo della curva dei rendimenti» che implica un potenziale Quantitative easing illimitato, grazie a nuove “operazioni a tassi fisso” finalizzate a mantenere attorno a zero i tassi sui decennali nipponici. D’altra parte, specie in costanza di uno yen sostanzialmente debole, vari analisti ipotizzano che per la BoJ avrebbe poco senso difendere a oltranza il “tasso zero” sui decennali se questo dovesse rivelarsi difficile a fronte di tassi Usa in ulteriore rialzo: il Credit Suisse, per esempio, ipotizza che la frontiera-zero sarà ritoccata al rialzo e la BoJ avvierà un “tapering” forse già in aprile, riducendo gli acquisti di bond. In tal caso, il rischio di una reazione eccessiva da parte degli investitori – con effetti di rafforzamento dello yen – non pare da escludersi.