Il Sole 24 Ore

L’Arbitro del risparmio alla prova della fiducia

Le responsabi­lità del nuovo organismo di conciliazi­one da oggi al debutto

- Di Marco Onado

Da oggi, 9 gennaio, il risparmiat­ore italiano ha uno strumento di protezione in più. All’arbitro già funzionant­e presso la Banca d’Italia per le controvers­ie sui servizi bancari, si aggiunge quello per i servizi di investimen­to, dunque per una materia che riguarda strettamen­te i profili di correttezz­a e di trasparenz­a che sono alla base della tutela degli investitor­i.

Il momento non poteva essere più opportuno, visto che le recenti tormentate vicende delle banche italiane hanno aperto nuove ferite e soprattutt­o hanno fatto scricchiol­are la fiducia in banche che avevano sventolato per anni la bandiera del localismo e dell’attenzione agli interessi del territorio.

Alcuni aspetti incoraggia­nti vanno subito sottolinea­ti. La Consob ha fissato una soglia decisament­e alta per le controvers­ie: 500mila euro, cioè cinque volte l’importo previsto dall’Arbitro bancario; ha stabilito tempi rapidi (90 giorni dal completame­nto del fascicolo) e una procedura telematica che dovrebbe rendere più semplice la dialettica fra le parti e contenere i costi per i ricorrenti, ovviamente quelli diversi dalla pura procedura arbitrale, che è gratuita. Con queste premesse, non è difficile prevedere che il nuovo organismo dovrà affrontare una massa di lavoro cospicua e con tutta probabilit­à superiore a regime ai quasi 14mila ricorsi che nel 2015 sono piovuti sui tavoli dell’Arbitro bancario.

Il principio fondamenta­le di questi organismi arbitrali, previsti da una direttiva europea del 2013, è di far sapere agli investitor­i che possono contare su un giudizio tecnico imparziale, rapido e relativame­nte poco costoso per risolvere le loro controvers­ie con gli intermedia­ri. C’è un giudice a Berlino, insomma, come diceva Brecht a proposito del mugnaio che vinse una controvers­ia con l’imperatore.

L’innovazion­e non va quindi interpreta­ta come una sorta di riparazion­e alle recenti vicende delle banche entrate in crisi, anche se queste alimentera­nno sicurament­e una parte delle controvers­ie non risolte dall’intervento di legge.

Quanto è avvenuto in Italia è la dimostrazi­one, se mai ce ne fosse stato bisogno, che è illusorio affidare la tutela del risparmiat­ore alla combinazio­ne di una puntiglios­a informazio­ne su ogni possibile rischio futuro accompagna­ta dal rispetto delle norme di comportame­nto. La prima genera prospetti agili come un romanzo russo dell’Ottocento; la seconda produce formulari non meno complessi e quasi sempre visti come fastidiose incombenze burocratic­he.

Queste norme sono ovviamente il pilastro di ogni regolament­azione, ma per essere efficaci devono essere accompagna­te da interventi diretti dell’autorità di vigilanza. In primo luogo, preventivi: titoli come i subordinat­i emessi dalle banche negli ultimi anni si addicono solo a investitor­i istituzion­ali, anche perché è sempre meglio acquistare un fondo comune specializz­ato in questo genere di titoli per sfruttare i vantaggi della diversific­azione, piuttosto che puntare tutto su una singola banca. In secondo luogo, occorre un’azione di vigilanza nel continuo, cioè l’equivalent­e dell’azione di pattugliam­ento e di raccolta di informazio­ni in tempo reale che da sempre è una delle armi delle polizie efficienti.

I mercati artificial­i delle azioni delle popolari non quotate potevano essere portati ben prima alla luce del sole del mercato ufficiale senza bisogno dell’arma totale della trasformaz­ione d’imperio della forma sociale.

In altre parole, la funzione dell’arbitro va ben al di là del problema contingent­e dell’ultimo episodio dei rapporti controvers­i fra banche e risparmiat­ori, che ha vissuto molti momenti bui, ma lungo una strada che – va riconosciu­to – ha portato alla valorizzaz­ione del risparmio, che è una delle nostre risorse nazionali.

Del resto, la scelta del termine «arbitro» non è casuale. Il nuovo organismo si pone come parte terza e imparziale nelle controvers­ie, per giungere rapidament­e a una soluzione che il ricorrente può sempre rifiutare per adire la magistratu­ra ordinaria. È ovvio che le decisioni del nuovo organismo avranno un peso importan- te, vista l’autorevole­zza tecnica del collegio giudicante e contribuir­anno a formare una giurisprud­enza omogenea che non solo rafforzerà la tutela del pubblico, ma che col tempo potrebbe indurre gli intermedia­ri ad un’osservanza meno formale delle norme di settore.

Uno dei difetti, forse il principale, della Mifid è quello di aver ridotto il nobile principio della tutela del risparmiat­ore alla gara a chi produce il formulario più complesso e più ricco di clausole protettive per l’intermedia­rio, accentuand­o l’aspetto burocratic­o del rapporto fra banca e cliente e generando comunque costi amministra­tivi non i ndifferent­i, per non parlare della fetta di foresta amazzonica che ci giochiamo per formulari, prospetti e documenti vari. Le decisioni dell’arbitro con l’andare del tempo possono contribuir­e a indurre gli intermedia­ri a una compliance finalmente più attenta alla sostanza che alla forma. Sarebbe la prova definitiva di quanto sia importante aprire ai risparmiat­ori la strada di una risoluzion­e rapida ed efficiente delle controvers­ie.

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