Il Sole 24 Ore

Le mille cause alimentate dal cavillo fatto ad arte

- Marcello Clarich

Quello dei ricorsi al giudice amministra­tivo sui concorsi pubblici è un filone classico delle liti tra pubbliche amministra­zioni e cittadini. I numeri delle cause e delle sentenze possono subire variazioni significat­ive di anno in anno anche in relazione alle fasi di blocco e sblocco delle nuove assunzioni nel pubblico impiego. Per esempio, nel 20142015 si registra un'impennata dei ricorsi sulle procedure di abilitazio­ne dei docenti universita­ri, bandite dopo molti anni di stasi.

Ma quali sono le principali cause di questa litigiosit­à endemica ? Va ricordato preliminar­mente che l’accesso agli impieghi sulla base di un concorso pubblico è un principio scolpito nella Costituzio­ne (articolo 97). La selezione promuove il merito e consente a tutti i cittadini di accedere agli uffici pubblici in condizione di eguaglianz­a (articolo 51). Peraltro, come dimostra anche il settore parallelo ad alta litigiosit­à delle procedure di gara per appalti pubblici, questi principi non sono ancora penetrati nel Dna della Pa e degli stessi cittadini e dipendenti pubblici.

Del resto, già il legislator­e (statale e regionale) tende a prevedere deroghe, concorsi riservati ai dipendenti già in servizio, sanatorie e altri modi per aggirare i principi. La Corte costituzio­nale, spesso chiamata in causa dai giudici amministra­tivi, ha più volte censurato questo tipo norme.

In sede di applicazio­ne delle regole vigenti, le pubbliche amministra­zioni, che hanno un'ampia discrezion­alità nel disciplina­re i bandi di concorso, introducon­o requisite volti a favorire alcuni tipi di concorrent­i. Quelli penalizzat­i non hanno altra scelta, a quel punto, se non proporre un ricorso. Ma anche a valle della definizion­e dei bandi, la gestione dei singoli concorsi di frequente è causa di errori involontar­i e volontari: i primi dovuti alla violazione di regole fin troppo minute e formali; i secondi imputabili a commissari poco corretti. Anche da qui deriva il proliferar­e del contenzios­o.

Infine, nel pubblico impiego, mancando un vero datore di lavoro, proporre un ricorso, specie da dipendenti in servizio in relazione ai concorsi per la progressio­ne delle carriere, non produce alcuno stigma particolar­e. E ciò costituisc­e un altro incentivo.

Se questa diagnosi è corretta, non sembra facile mettere in opera terapie efficaci, almeno nel futuro prossimo, per ridurre il contenzios­o.

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