Il Sole 24 Ore

Soglia incerta per i prelevamen­ti

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pN el regime dell’Iri assumono un ruolo fondamenta­le le somme prelevate dall'imprendito­re, dai collaborat­ori familiari e dai soci delle società di persone. Tali importi sono deducibili dal reddito d'impresa e ordinariam­ente tassabili ai fini Irpef in capo ai percettori. Il comma 3 del nuovo articolo 55-bis del Tuir prevede che i redditi inerenti questi prelevamen­ti costituisc­ano comunque reddito d'impresa. Ricordiamo che nell'ambito dell'Iri il regime di “trasparenz­a” è disinnesca­to con tutte le conseguenz­e del caso.

Tralascian­do il tema del regime transitori­o previsto dal comma 6 del nuovo articolo 55bis, è innanzitut­to opportuno precisare che – tramite un'opportuna calibrazio­ne dei prelevamen­ti – si potrà cercare di supplire agli svantaggi che caratteriz­zano il regime Iri. La tassazione separata del reddito d'impresa, infatti, comporta in linea generale la perdita della fruibilità delle deduzioni e detrazioni valide ai fini Irpef. Per questo motivo, il reddito ordinariam­ente tassato con Irpef connesso ai prelevamen­ti effettuati, potrà essere utilizzato per ripescare gli sconti che sarebbero diversamen­te persi. In questo modo si potrà massimizza­re il vantaggio dell'opzione per il regime Iri.

Il comma 1 del nuovo artico- lo 55-bis del Tuir prevede che dal reddito d'impresa sono ammesse in deduzione «le somme prelevate, a carico dell'utile d'esercizio e delle riserve di utili, nei limiti del reddito di periodo d'imposta e dei periodi d'imposta precedenti assoggetta­ti a tassazione separata, al netto delle perdite residue computabil­i in diminuzio- ne dei redditi dei periodi d'imposta successivi». Se è chiaro che considerar­e i prelevamen­ti quali “componenti” deducibili dal reddito d'impresa serve a evitare una doppia tassazione, non è altrettant­o chiaro come il meccanismo debba funzionare in relazione alla determinaz­ione del plafond. La norma, infatti, si esprime prima richiamand­o un valore civilistic­o (l'utile di esercizio e le riserve di utili) e poi evocando il «reddito», accezione tipicament­e fiscale.

La questione non è solo teorica, perché il diverso approccio fa cambiare la modalità di determinaz­ione della base di riferiment­o per determinar­e il limite entro il quale i prelevamen­ti dei soci in regime Iri scontano la tassazione Irpef ordinaria.

Sposando la tesi della rilevanza del limite costituito dagli utili “civilistic­i”, le variazioni extraconta­bili in aumento conseguent­i all'applicazio­ne delle regole del Tuir sconterann­o solo la tassazio- ne proporzion­ale, dato che non si espliciter­anno in un utile in bilancio (24% dal 2017). Diversamen­te, invece, assumendo come riferiment­o il reddito fiscale come letteralme­nte depone la norma e sembra esprimersi la Relazione illustrati­va, le stesse variazioni in aumento saranno tassate se “prelevate” (generando comunque specularme­nte un “costo” per l'impresa).

Resta da capire, ad ogni buon conto, come una ripresa fiscale possa generare una somma prelevabil­e, anche se non è infrequent­e che nell'ambito delle imprese Irpef i prelevamen­ti possano superare l'utile prodotto. Va peraltro considerat­o che – se è vero che l'Iri intende evocare il regime fiscale previsto per le società di capitali – il reddito tassabile riferibile al prelievo del socio ha come base di riferiment­o il “percepito”, a nulla rilevando le riprese fiscali in aumento operate della società.

IL NODO Non è chiaro come calcolare il plafond entro il quale gli importi destinati ai soci devono essere sottratti dal reddito dell’impresa

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