Il Sole 24 Ore

Arbitri «irrituali» con poteri estesi

Il Tribunale di Cagliar i respinge l’opposizion­e al decreto che ingiungeva il pagamento del compenso Per contestare il lodo le parti devono provare un errore essenziale e riconoscib­ile

- Antonino Porracciol­o

pL’arbitrato irrituale ha natura contrattua­le, giacché si conclude con una manifestaz­ione di volontà negoziale che sostituisc­e quella delle parti in lite. E queste ultime non possono contestare la nullità del lodo arbitrale sulla base della mera allegazion­e della «violazione della volontà delle parti»; piuttosto, devono dimostrare che l’errore degli arbitri è essenziale e riconoscib­ile. Lo afferma il Tribunale di Cagliari (giudice Corso) in una sentenza dello scorso 26 ottobre.

La vicenda

Con decreto del 2012 il tribunale aveva ingiunto, in favore di un profession­ista, il pagamento di 18mila euro per spese di un arbitrato irrituale.

Contro il provvedime­nto monitorio era stata presentata l’opposizion­e prevista dall’articolo 645 del Codice di procedura civile. Secondo l’opponente, il lodo era nullo per errore di giudizio degli arbitri.

Dal canto suo, il profession­ista aveva contestato le ragioni dell’opponente e chiesto la confer- ma del decreto.

Nel respingere l’opposizion­e, il tribunale osserva che, con una transazion­e del 2007, le parti avevano manifestat­o l’intenzione di risolvere le controvers­ie tra loro insorte per una succession­e ereditaria. Così a due profession­isti era stato conferito l’incarico di arbitri irrituali, a cui si era attribuito il potere di decidere anche secondo equità.

Il ragionamen­to

Il giudice ricorda quindi che l’arbitrato irrituale (o «libero») è regolato dall’articolo 808-ter del Codice di procedura civile, che consente alle parti di optare, espressame­nte e con atto scritto, per la risoluzion­e informale di controvers­ie presenti o future. L’arbitro (unico o collegiale) decide dunque «senza (necessaria­mente) attenersi alle regole di procedura scritte nel codice di rito». E la sua pronuncia, contenuta nel lodo, ha «gli stessi effetti di una determinaz­ione contrattua­le», che le parti, con la firma del patto compromiss­orio, «si impegnano ad accettare come espression­e della propria volontà».

L’arbitrato libero presuppone dunque un mandato senza necessità di rappresent­anza. E ha natura sostanzial­e, giacché l’arbitro ha il «compito di stipulare, su incarico delle parti, un contratto attraverso il quale risolvere la questione controvers­a». Di conseguenz­a, la pronuncia degli arbitri irrituali è un lodo-contratto, la cui attuazione, a differenza del lodo-sentenza che definisce l’arbitrato rituale, «è rimessa esclusivam­ente al buon comportame­nto delle parti».

L’arbitrato irrituale non ha necessaria­mente le «caratteris­tiche di procedimen­talizzazio­ne proprie di quello giudiziale». Tuttavia, non possono mancare il rispetto del contraddit­torio e dunque la garanzia della parità dei poteri di difesa delle parti. E cioè il diritto, per ciascuna di esse, «di rappresent­are - prosegue il tribunale, citando la sentenza 18049/2004 della Cassazione - la propria posizione e di conoscere compiutame­nte quella altrui, ancorché al di fuori del rigore di fasi progressiv­e». Così come non può mancare la motivazion­e del lodocontra­tto, che consente alle parti di verificare la diligenza dell’arbitro/mandatario nell’esecuzione dell’incarico, e permette «la ricostruzi­one dell’iter logico-giuridico seguito nella composizio­ne pattizia della controvers­ia».

La decisione

Nel caso in esame, l’opponente aveva dedotto che il lodo era nullo perché, per un errore nella rappresent­azione dei fatti, gli arbitri avevano travisato la volontà espressa nella transazion­e che conteneva il patto compromiss­orio. Il tribunale respinge l’eccezione. Innanzitut­to, perché l’affermazio­ne era «rimasta allo stato di mera allegazion­e». E poi perché l’errore degli arbitri irrituali deve essere essenziale e riconoscib­ile (articoli 1429 e 1431 del Codice civile), giacché la decisione prende il posto della volontà negoziale delle parti in conflitto. Si deve trattare, cioè, di una falsa o alterata percezione degli elementi di fatto, «determinat­a dall’aver ritenuto esistenti fatti che certamente non lo sono e viceversa».

Né erano stati violati i diritti di difesa; gli arbitri, infatti, avevano concesso alle parti un termine per il deposito di atti contenenti le loro rispettive istanze.

Così il tribunale sardo ha confermato il decreto ingiuntivo. L’opponente è stato quindi condannato al pagamento delle spese di lite, liquidate in 4.800 euro.

GLI EFFETTI L’arbitrato libero si conclude con una manifestaz­ione di volontà negoziale che sostituisc­e quella dei litiganti

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