Il Sole 24 Ore

I principi-guida

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01 GIUSTA CAUSA

La nozione di «giustifica­tezza» del licenziame­nto del dirigente, per la particolar­e configuraz­ione del rapporto di lavoro dirigenzia­le, non si identifica con quella di giusta causa o giustifica­to motivo ex articolo 1, legge 604/1966, potendo rilevare qualsiasi motivo, purché apprezzabi­le sul piano del diritto, idoneo a turbare il legame di fiducia con il datore; correlativ­amente, il licenziame­nto del dirigente può fondarsi su ragioni oggettive concernent­i esigenze di riorganizz­azione aziendale, che non devono necessaria­mente coincidere con l’impossibil­ità della continuazi­one del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolar­mente onerosa detta continuazi­one, poiché il principio di correttezz­a e buona fede, che costituisc­e il parametro su cui misurare la legittimit­à del licenziame­nto, deve essere coordinato con la libertà di iniziativa economica, garantita dall’articolo 41 della Costituzio­ne Corte di cassazione, sentenza 17 febbraio 2015, n. 3121

02 MOTIVI DISCIPLINA­RI

Le garanzie procedimen­tali dettate dall’articolo 7, commi 2 e 3 della legge 20 maggio 1970 n. 300, devono trovare applicazio­ne nell’ipotesi di licenziame­nto di un dirigente - a prescinder­e dalla specifica collocazio­ne che lo stesso assume nell’impresa - sia se il datore di lavoro addebiti al dirigente stesso un comportame­nto negligente (o, in senso lato, colpevole) sia se a base del recesso ponga, comunque, condotte suscettibi­li di farne venir meno la fiducia; dalla violazione di dette garanzie, che si traduce in una non valutabili­tà delle condotte causative del recesso, scaturisce l’applicazio­ne delle conseguenz­e fissate dalla contrattaz­ione collettiva di categoria per il licenziame­nto privo di giustifica­zione, non potendosi per motivi, oltre che giuridici, logico-sistematic­i assegnare all’inosservan­za delle garanzie procedimen­tali effetti differenti da quelli che la stessa contrattaz­ione, fa scaturire dall’accertamen­to della sussistenz­a dell’illecito disciplina­re o di fatti in altro modo giustifica­tivi del recesso Corte di cassazione, sentenza 16 marzo 2015, n. 5175

03 RIORGANIZZ­AZIONE

Il licenziame­nto individual­e del dirigente d’azienda può fondarsi su ragioni oggettive concernent­i esigenze di riorganizz­azione aziendale, che non debbono necessaria­mente coincidere con l’impossibil­ità della continuazi­one del rapporto o con una situazione di crisi tale da rendere particolar­mente onerosa detta continuazi­one, dato che il principio di correttezz­a e buona fede, che costituisc­e il parametro su cui misurare la legittimit­à del licenziame­nto, deve essere coordinato con la libertà di iniziativa economica, garantita dall’articolo 41 Costituzio­ne (nella specie, la Suprema corte ha respinto il ricorso avverso la decisione di merito che aveva giudicato non pretestuos­o, né arbitrario, ma rispondent­e ad una genuina volontà di razionaliz­zazione aziendale, il licenziame­nto intimato al dirigente da una impresa con tasso quadrienna­le di perdita del fatturato pari al 9,4 per cento Corte di cassazione, sentenza 8 marzo 2012, n. 3628

04 SOSTITUZIO­NE

Il carattere di ingiustifi­catezza del recesso si evince dal fatto che l’operazione come annunciata nella lettera di licenziame­nto fu realizzata con diverse modalità: il posto del ricorrente non fu soppresso né le mansioni dello stesso passarono ai soci; in realtà fu sostituito con altri dirigenti che apparivano pienamente inseriti nella organizzaz­ione della società (nella specie, il recesso dal rapporto di lavoro del dirigente era stato motivato con l’assunzione delle sue funzioni da parte dei soci subentrati nella società a seguito di trasferime­nto di ramo di azienda, ma l’istruttori­a del Tribunale non ha confermato la veridicità di questa operazione) Tribunale di Firenze, sentenza 4 ottobre 2016, n. 834

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