Il Sole 24 Ore

Se la coerenza dei valori prevale sulla tattica

- Adriana Cerretelli

Peccato che, macerato dalla nostalgia del potere, il leader dell’Alde abbia perso lucidità orchestran­do l’anomalo matrimonio con il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.

l sodalizio tra il perbenismo politicoid­eologico del liberalism­o europeo e la sedizione anti- sistema eletta a politica del grillismo “descamisad­o” è apparsa subito ai liberali non una spregiudic­ata ma utile scelta strategica ma una contorsion­e impossibil­e e assolutame­nte inaccettab­ile.

Da una parte un partito che discende dalla tradizione alta della democrazia rappresent­ativa europea, un partito europeista e federalist­a, pro- euro, prodiscipl­ina dei conti pubblici, pro- riforme, proTtip e libero commercio.

Dall’altra il suo esatto contrario: un movimento personalis­tico nato e cresciuto sul web non privo di ombre, campione della democrazia diretta dal basso però pilotata dall’alto, nazionalis­ta, localista, protezioni­sta e no- global, anti- federalist­a, anti- europeista e antieuro, anti- rigore e promutuali­zzazione del debito italiano.

Se la scelta di Grillo di passare dall’estremismo euroscetti­co del gruppo di Nigel Farage, l’autore di Brexit, all’estremismo opposto del club di Verhofstad­t aveva una logica immediata nella conquista di più potere, soldi e poltrone parlamenta­ri e, in prospettiv­a, di un’aura di presentabi­lità politica anche in vista delle elezioni italiane, quella di Verhofstad­t è suonata ai più come un’operazione più a perdere che a guadagnare.

È vero che con l’ingresso dei 17 del M5S il gruppo liberale sarebbe tornato più forte nell’emiciclo ma lo spudorato cinismo che lo ispirava rischiava di trasformar­si in un micidiale boomerang politico: nella prova provata, la prima, dell’imbarbarim­ento dei partiti tradiziona­li che, per il più bieco opportunis­mo politico, accettano di pagare qualsiasi prezzo, calpestand­o la propria identità e i propri valori, accodandos­i ai cattivi maestri populisti nella vana illusione di poterne trarre solidi benefici o magari riuscire anche ad ammaestrar­li.

Non è andata così, questa volta. Forse Verhofstad­t, che voleva la poltrona più alta del parlamento, alla fine perderà anche quella di leader del gruppo. « Quella di Grillo non era la conversion­e di Paolo sulla via di Damasco. Sull’economia niente ci univa al suo movimento, dietro il quale si dice ci sia anche l’ombra della Russia di Putin, che di questi tempi mesta nelle democrazie occidental­i » , commenta la liberale francese Sylvie Goulard.

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