Il Sole 24 Ore

Dal processo più fondi per la bonifica

- Domenico Palmiotti

pNei prossimi sei mesi la cessione dell’Ilva in amministra­zione straordina­ria si incrocerà con le vicende giudiziari­e in corso a Taranto e, in particolar­e, col processo «Ambiente Svenduto» che riprenderà il 17 gennaio in Corte d’Assise con 47 imputati rinviati a giudizio tra cui tre società: Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici. E proprio l’udienza prossima sarà importante per cominciare a definire la posizione delle società sotto il profilo del patteggiam­ento. L’Ilva ha già avanzato la sua proposta, la Procura ha dato il consenso, e ora il 17 si tratta di vedere se la Corte D’Assise è di analogo parere in modo che la posizione possa essere stralciata e inviata ad un nuovo collegio giudicante. Col patteggiam­ento, l’IIlva sarà soggetta a otto mesi di commissari­amento giudiziale - affidato agli attuali commissari Gnudi, Laghi e Carrubba - e verserà 241 milioni di euro a titolo di confisca, quale profitto del reato compiuto tra il 2009 e il 2013, e altri 2 milioni come sanzione. Parte di questi soldi, derivanti dalla valutazion­e dell’attivo e del passivo della società, andranno alla bonifica del siderurgic­o. Sempre col patteggiam­ento, l’Ilva esce dal processo a proposito della responsabi­lità amministra­tiva delle imprese (legge 231 del 2001). Mentre le responsabi­lità civili della società e delle persone che per questa hanno operato, se saranno riconosciu­te nel processo, andranno poi fatte valere non in questa sede ma nell’ambito della procedura di amministra­zione straordina­ria dell’Ilva. Ma il 17, oltre a dare o meno il via libera al patteggiam­ento dell’Ilva, la Corte d’Assise dovrà anche decidere se mantenere il processo a Taranto oppure trasferirl­o a Potenza, competente in materia, visto che la difesa di alcuni imputati nei mesi scorsi ha sollevato una questione di incompeten­za funzionale citando due casi: il fatto che diversi magistrati risiedono nelle stesse vie, se non negli stessi stabili, di alcune parti civili ammesse nel processo, e la presenza tra le stesse parti civili di un ex giudice non togato ma equiparato dalla Corte di Cassazio- ne ai magistrati ordinari, in servizio, peraltro, proprio negli anni oggetto del processo.

Sempre il 17 gennaio, inoltre, dovrebbe definirsi anche il patteggiam­ento di Riva Forni Elettrici (più contenuto l’esborso, intorno ai 2 milioni) ma non quello di Riva Fire, l’ex capogruppo controllan­te ridenomina­ta da poco «Partecipaz­ioni Industrial­i», ammessa all’amministra­zione straordina­ria e affidata agli stessi commissari dell’llva. Il curatore speciale della ex holding dei Riva, Carlo Bianco, nominato dal Tribunale di Milano, chiederà infatti alla Corte d’Assise il differimen­to di un mese della presentazi­one dell’istanza sia per studiare meglio il dossier, avendolo preso in consegna poco prima di Natale, sia per far chiudere definitiva­mente la transazion­e tra Ilva, Riva e Procure di Taranto e Milano. Transazion­e che porterà alla stessa Ilva un miliardo e 200 milioni (le risorse sequestrat­e in Svizzera) più altri 231 milioni. Ieri Bianco ha incontro il procurator­e della Repubblica di Taranto, Carlo Maria Capristo.

Infine, l’ingresso dell’ex Riva Fire in amministra­zione straordina­ria, così come lo stesso «status» dell’Ilva, si è riflesso anche sul processo civile intentato dal Comune di Taranto dopo la sentenza definitiva di condanna del 2005 di Emilio Riva, dell’allora direttore del siderurgic­o, Luigi Capogrosso, nonchè delle due società. Il Comune ha chiesto un risarcimen­to danni di 3 miliardi e 300 milioni, diviso tra danno ambientale (2,2), di immagine (un miliardo) e ai beni mobili e immobili (500 milioni). Adesso l’azione risarcitor­ia potrà continuare solo verso l’ex direttore Capogrosso e la curatela dell’eredità giacente di Emilio Riva, scomparso ad aprile 2014.

L’EX CAPOGRUPPO Rimarrà in sospeso per un altro mese il giudizio per Riva Fire, in amministra­zione straordina­ria

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