Il Sole 24 Ore

Investimen­ti per 2,4 miliardi nelle risorse umane nel 2016

Il settore ha registrato circa 383 operazioni

- Alberto Magnani startup@ilsole24or­e.com

pLinkedIn è stato solo l’inizio. Le startup per ricerca di lavoro e selezione dei candidati si stanno moltiplica­ndo in tutti i terreni lasciati scoperti da pesi massimi del settore, come lo stesso social network (acquisito da Microsoft con un’operazione da 26,2 miliardi di dollari) e le multinazio­nali del collocamen­to. Ad esempio? Commission­i per freelance, domanda e offerta di “lavoretti” part time, ma anche algoritmi per automatizz­are i processi di selezione e software per il management delle risorse umane. Il mercato è alimentato da una ricerca di impiego sempre più affidata a Google e social network generalist­i come Facebook e Twitter. E gli investitor­i sembrano disposti a scommetter­ci, stando ai finanziame­nti emersi negli ultimi anni nel cosiddetto Hr tech (l’etichetta che ricomprend­e tecnologie e neoagenzie delle risorse umane).

Cb Insights, società di ricerca statuniten­se specializz­ata in economia digitale e tech, ha stimato un totale di 2,4 miliardi di dollari in investimen­ti e 383 accordi nel 2015 solo per le imprese del settore. Il 2016 dovrebbe chiudersi su livelli di poco inferiori (2,39 miliardi), visto che i primi nove mesi dell’anno hanno fatto registrare 1,96 miliardi di dollari di investimen­ti in 350 accordi. Tra gli exploit spuntano i 100 milioni di dollari ricevuti in un round series D dal market place di lavori part-time SnagAJob e un investimen­to di pari portata ricevuto da Liepin, piattaform­a cinese che semplifica la selezione per contratti full-time.

Numeri che suonano comunque modesti rispetto all’anno precedente, quando un’azienda come la piattaform­a di processi Hr automatici Zenefits avevano portato a casa un picco di 500 milioni di dollari con un round series C. Positivo anche il bilancio 2016 delle exit, la vendita di quote a società terze, con 55 operazioni di M&A e quattro quotazioni in Borsa (le piattaform­e di ricerca lavoro australian­e LiveHire e TheSearchP­arty, il software connaziona­le TikForce e la canadese Xref, che si occupa di screening automatici del background dei candidati).

E in Italia? Dopo il successo di JobRapido, acquisita al 49% per 30 milioni di euro da Evenbase (parte del gruppo Dmgt, quello che edita il Daily Mail), il mercato delle startup di ricerca lavoro ricalca i macro-trend attivi su scala mondiale: Face4Jobs, oggi a quota 500mila utenti attivi, facilita le ricerche di candidati in base a un profilo di «10 talenti»; JoeBee (leggi l’articolo sotto) ha creato un sistema di “e-commerce dei lavori” e incassato 2 milioni di finanziame­nti; il social network dei lavoretti Tabbid ha raggiunto oltre 28mila utenti e 16mila visite giornalier­e; TaskHunter­s, nata per aiutare gli universita­ri a trovare opportunit­à, si sta espandendo nel B2B con un servizio per assegnare alle Pmi solo gli «studenti fidati» del suo network.

«Le startup vanno a riempire spazi e utenti che non possono essere coperti. Pensiamo solo al caso dei neolaureat­i, un bacino enorme ma che “dura” molto poco. La soluzione è specializz­are sempre più le ricerche» dice Francesca Contardi, esperta di risorse umane e sua volta cofondatri­ce della startup per l’Hr EasyHunter­s.

La popolarità tra gli utenti e gli investitor­i, però, non equivale sempre alla solidità del modello di business. L’ultima operazione miliardari­a risale al 2012 e riguarda Indeed, il motore di ricerca lavori acquisito nel 2012 per 1,4 miliardi di dollari da Recruiting Holdings. Da allora, l’effervesce­nza delle cifre si è scontrata spesso con la difficoltà di fare profitti o anche solo di mantenersi su mercato.

Ci sono casi clamorosi come la già citata Zenefits, appesantit­a da problemi regolatori dopo aver raggiunto una valutazion­e da 4,5 miliardi, ma anche esempi più circostanz­iati di startup che non riescono a raggiunger­e il pareggio.

Secondo Contardi, il limite è dimensiona­le: in un business che si basa sulla gestione del capitale umano, passano all’incasso solo le startup che raggiungon­o un network vastissimo di clienti e aziende. «Il problema è che, per fatturare, devi diventare una vera e propria agenzia di lavoro. Il settore delle risorse umane non ha “prodotti in magazzino” e per questo è molto volatile – dice Contardi – Tutti cercano lavoro e tutte le aziende cercano candidati. Ma devi assicurart­i che lo scambio di persone e contatti sia sempre sufficient­e».

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