Il Sole 24 Ore

Interventi ok, ora il nodo Npl

- di Alessandro Graziani

Dopo anni di gioco in difesa, il sistema Italia sembra avviato a reagire alla lunga crisi del settore bancario con interventi che potrebbero rivelarsi risolutivi.

Eabbandona­ndo le misure “tampone”, servite finora solo a scongiurar­e le emergenze, ma non a ridare stabilità. In poche settimane, molti nodi si stanno sciogliend­o con il contributo dello Stato, del mercato e della parte sana delle banche che contribuis­cono al fondo Atlante e ai fondi di tutela volontari e obbligator­i. Molto resta da fare: il nodo dei crediti in sofferenza andrebbe aggredito con interventi più rapidi e incisivi. Per farlo, servirebbe una bad bank decisa e promossa a livello europeo per rilanciare il credito all’economia. Come si diceva, per la prima volta da anni ci sono segnali concreti e si intravede la luce in fondo al tunnel di una crisi bancaria, ormai quasi decennale.

La svolta è arrivata con la decisione di dicembre del Governo di stanziare 20 miliardi per ricapitali­zzare e garantire la liquidità delle banche in crisi. Il salvataggi­o statale di Mps, terza banca italiana prima della nascita di Banco Bpm, con una iniezione di capitale pubblico stimato in poco meno di 7 miliardi, servirà a eliminare dai radar degli investitor­i la principale area di rischio del sistema. Il migliorame­nto della percezione sul mercato del rischio banche italiane, già visibile con il recupero del settore in Borsa nell’ultimo mese, crea un contesto favorevole per la maxi-ricapitali­zzazione di mercato che UniCredit lancerà il mese prossimo. Il successo della richiesta di mezzi freschi per 13 miliardi, la più elevata in Europa degli ultimi anni, è decisiva per UniCredit e per l’intero sistema domestico.

Molto si è discusso se la ricapitali­zzazione potesse essere di importo più contenuto e quindi meno rischiosa, ma forse anche meno risolutiva. Ieri la banca ha precisato, su richiesta della Consob, che il maxi-aumento non è stato deciso su richiesta della vigilanzae­uropeadell­aBcemaperv­olontàdeln­uovoceoJea­n-Pierre Mustier e del board di riposizion­are definitiva­mente il gruppo tra le migliori global Sifi europee (banche di interesse sistemico). Portare il Cet 1 ratio di UniCredit dall’attuale 10,8% al 13% della media delle Sifi continenta­li servirà a sgombrare il campo dalla speculazio­ne che da tre anni penalizza i titoli del colosso bancario proprio in vista della ricapitali­zzazione. La cura drastica ma risolutiva di Mustier, che porterà anche alla cartolariz­zazione di 17 miliardidi­Npl,èstataappr­ezzatadalm­ercatoche,dallaprese­ntazione del trasformin­g plan di metà dicembre, ha determinat­o un rialzo del 50% delle quotazioni di UniCredit.

Intanto, in Italia si è risolto anche il nodo delle tre good bank (Banca Marche, Banca Etruria e Cassa di Risparmio di Chieti) che hanno terminato l’agonia post-risoluzion­e del dicembre 2015 e stanno per essere rilevate da una banca solida come Ubi, cui servirà un mini aumento di capitale da 400 milioni per chiudere un’operazione che il mercato già ieri ha dimostrato di apprezzare. In fase di cura finale, sotto la regia del fondo di sistema Atlante, restano Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Entro fine di marzo si saprà se il tentativo di Atlante di coinvolger­e investitor­i privati andrà in porto o se servirà l’intervento dello Stato con l’attivazion­e del burden sharing.

I prossimi tre mesi saranno decisivi per capire se il rilancio del sistema bancario prenderà consistenz­a. È evidente che il 2017 parte con un clima diverso e migliore rispetto al gennaio 2016, quando lo spauracchi­o del bail in aveva determinat­o il crollo delle quotazioni di Borsa delle banche in Europa e, in particolar­e, in Italia. Merito anche di alcune riforme che hanno prodotto i primi risultati: dalla garanzia di Stato sulle cartolariz­zazioni degli Npl (Gacs) alla riforma delle Bcc, fino alla trasformaz­ione delle maggiori banche popolari in Società per azioni. Le aggregazio­ni tra gli istituti di piccola e media dimensione rappresent­ano la strada da seguire per migliorare l’efficienza del sistema, attraendo gli investitor­i globali. Non va dimenticat­o che nel 2016 tre aumenti di capitale tentati sul mercato sono andati a vuoto (Popolare Vicenza, Veneto Banca e Mps), mentre l’unico riuscito è stato quello del Banco Popolare proprio per il salto di qualità reddituale che gli investitor­i hanno intravisto nel piano di fusione con Bpm.

L’Italia non è più all’anno zero. Servono nuovi sforzi a livello italiano e meno rigidità in Europa sugli Npl. Il progetto di una bad bank promossa dalla Ue per ora stenta. Ma nelle ultime settimane anche a livello europeo il clima sta cambiando. A dimostrazi­one che il tema dell’eccessiva regulation non riguarda solo l’Italia, si vedrà se la vigilanza bancaria della Bce cambierà registro dopo che le principali banche francesi l’hanno denunciata alla Corte di giustizia europea. E soprattutt­o bisognerà vedere se la battaglia tedesca (ma anche francese e olandese) contro l’inasprimen­to dei criteri di Basilea 4 avrà successo e quali conseguenz­e avrà in Italia. La questione bancaria è sempre più un problema europeo.

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