Quattro banche, rimborsi a 190 milioni
L’agenzia delle Entrate chiar isce che gli indennizzi, automatici o arbitrali, sono esentasse
pI rimborsi a forfait per gli obbligazionisti subordinati delle quattro banche finite in risoluzione arriveranno a quota 190 milioni di euro, e riguarderanno quindi «più della metà del totale» dei 340 milioni di bond azzerati con la chiusura delle vecchie Carichieti, Cariferrara, Banca Etruria e Banca Marche. Finora, però, le liquidazioni vere e proprie assicurate dal fondo interbancario ammontano a 37,5 milioni, e hanno coinvolto 2.854 delle circa 14mila pratiche arrivate. Per gli altri c’è tempo fino al 3 marzo, vale a dire 60 giorni dopo la scadenza del termine per presentare le domande.
A fare il punto della situazione degli indennizzi per i risparmiatori finiti nel crack delle quattro banche regionali è stato il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan nell’audizione di ieri sul decreto banche davanti alle commissioni Finanze di Camera e Senato. Il ministro ha ricordato poi che, dopo l’arrivo del sudato via libera da parte del Consiglio di Stato al decreto di Palazzo Chigi che regola gli arbitrati (si veda Il Sole 24 Ore del 22 dicembre), è quasi pronta anche l’architettura delle regole per la via alternativa al rimborso a forfait. Sul punto è intervenuta ieri anche l’agenzia delle Entrate, con la risoluzione 3/ E/2017 in cui l’amministrazione finanziaria spiega che gli indennizzi, automatici o arbitrali, sono esentasse. Ma la storia è lunga, ed è il caso di rimetterla in ordine.
Tutto inizia 14 mesi fa, il 22 novembre del 2015, quando viene approvato il primo decreto banche, che disciplina la risoluzione dei quattro istituti di credito regionali e stabilisce quello che di fatto diventa il primo caso di burden sharing a carico degli obbligazionisti subordinati. A differenza del caso di Monte dei Paschi, che è una banca solvibile e affronta la ricapitalizzazione precauzionale per essere in grado di affrontare anche il caso di scenario avverso disegnato dall’Eba, gli obbligazionisti subordinati delle quattro banche sono andati incontro all’azzeramento dei titoli. La legge di stabilità 2016 indica per i ristori la strada degli arbitrati, da far gestire all’Anac di Raffaele Cantone, che però fatica ad aprirsi davvero.
Per superare lo stallo, allora, il 3 maggio del 2016 arriva il decreto legge 59, che avvia il nuovo meccanismo dei rimborsi a forfait: una procedura più veloce, ma aperta solo a chi aveva un reddito 2014 fino a 35mila euro oppure un patrimonio mobiliare non superiore a 100mila euro. Il tutto a patto di aver acquistato i titoli entro il 12 giugno 2014, data di entrata in vigore in Europa della direttiva sul bail in. A questi indennizzi automatici si riferiscono i numeri forniti ieri dal titolare dell’Economia.
Per i titoli coinvolti dal rimborso automatico a carico del fondo interbancario la partita si chiude qui. Resta invece aperta l’altra, quella dedicata a chi non rispettava i requisiti di reddito o patrimonio oppure, pur rientrando in quei parame- tri, ha deciso di puntare a un rimborso integrale.
A questi risparmiatori è dedicato lo strumento degli arbitrati, non disponibile per chi ha scelto il forfait, che però attende ancora la fine dell’iter del decreto ministeriale e di quello di Palazzo Chigi. Quest’ultimo deve affrontare il passaggio alle Camere prima del via libera definitivo in consiglio dei ministri.
Sia gli indennizzi automatici, sia quelli frutto delle decisioni arbitrali quando arriveranno, sono esentasse. A spiegarlo è la risoluzione diffusa ieri dall’agenzia delle Entrate, che arriva a questa conclusione sulla base del fatto che gli indennizzi servono esclusivamente a «reintegrare la perdita economica sofferta» dai risparmiatori, e quindi non possono essere in alcun modo equiparati a una fonte di reddito. L’esenzione, sottolinea l’amministrazione finanziaria, è estesa anche ai rimborsi arbitrali perché il loro riconoscimento «è subordinato all’accertamento delle responsabilità per la violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza». In altre parole, chi ha venduto i titoli si è disinteressato delle regole Mifid.