Altri eurodeputati tentati dall’uscita M5S, accuse a Casaleggio E si apre il fronte Nato
Mentre oggi si riunisce il tribunale civile di Roma per decidere sulla legittimità del codice di comportamento fatto firmare alla sindaca Virginia Raggi e ai suoi consiglieri prima di essere eletti, dilaga il malcontento tra i Cinque Stelle in Europa. Dopo l’addio di Marco Affronte, passato ai Verdi, e di Marco Zanni, migrato nel gruppo Enf con la Lega e il Front National, altri eurodeputati sarebbero tentati di abbandonare la nave. Nonostante l’ufficio stampa di Bruxelles abbia smentito, loro prendono tempo e chiedono garanzie perché il Movimento cambi. Le trattative sono aperte. Sul banco degli imputati c’è l’ex co-capogruppo David Borrelli, autore della trattativa naufragata con i liberali di Alde. Ma soprattutto c’è Davide Casaleggio, che con Borrelli e Massimo Bugani gestisce la piattaforma Rousseau e tiene le redini della comunicazione.
Contro l’associazione omonima si è scagliata la senatrice Elisa Bulgarelli (la stessa che aveva listato a lutto la sua pagina Fb sia dopo l’uscita di Federico Pizzarotti sia dopo quella dei due europarlamentari). Questo il suo sfogo su Facebook, accolto da insulti ma anche da molti plausi: «Ma l’associazione Rousseau è “la segreteria” del partito 5 stelle ovvero il centro dei cerchi e cerchietti magici del moVimento? E pensa se non stessero lavorando al Ddm (Direct democracy movement)... Beppeeeeeeeeee aiutaci tu!». Ma Grillo non l’ha presa bene. Chi lo ha sentito lo racconta furioso. La figuraccia europea, con la doppia giravolta e il ritorno forzato all’Efdd sottostando alle condizioni dettate dal leader Ukip Nigel Farage, sta facendo detonare tutti i malesseri interni. Non è più soltanto la divisione tra i pragmatici che si riconoscono in Luigi Di Maio e gli ortodossi, come Sibilia e Fico, che reclamano il ritorno alla “purezza”. In discussione c’è la struttura del M5S e la leadership di Casaleggio jr. Affronte lo ha detto senza peli sulla lingua: «Era un movimento orizzontale, ora abbiamo un capo e dei leader che decidono tutto, tipo Davide Casaleggio che non conosco e non so che meriti abbia, se non quello di essere figlio di». Di più: «Il Movimento è gestito da incapaci. E ha una base fideistica con dinamiche quasi da setta».
Come se non bastasse, arriva un nuovo capitolo di Supernova, il libro scritto dai due ex collaboratori Nicola Biondo e Marco Canestrari, che indaga proprio sulla Casaleggio Associati e attacca: «Partiti, multinazionali, banche sono i nemici giurati del Movimento ma anche la fonte di profitto di Casaleggio Associati srl». Sul caso Europa aggiungono: «Dai fatti degli ultimi giorni esce un solo vincitore, Davide Casaleggio, e un capro espiatorio, Filippo Pittarello, ex responsabile della comunicazione ora sostituito da Cristina Belotti». Sacrificato «sull’altare dei soldi e della fedeltà alla dirigenza». Gli europarlamentari critici chiedono proprio la testa di Belotti e del funzionario che ha condotto la trattativa, sempre della squadra di Casaleggio. Ma i vertici resistono.
Veleni che si sommano a veleni. L’eurodeputato Dario Tamburrano, tra i più critici, ha rivendicato le battaglie a Strasburgo dell’ultimo anno. Tiziana Beghin ha chiarito di non aver avuto «alcun ruolo nelle negoziazioni». Marco Valli ha sostenuto di aver «accantonato i rancori e gestito assieme ai colleghi una situazione vergognosa in cui siamo stati trascinati inconsapevolmente». Come a dire: l’errore serva da lezione. Nessuno di loro tre sposa la linea di Grillo verso i due fuoriusciti, ovvero la richiesta che si dimettano pagando la penale di 250mila euro prevista dal codice di comportamento. Lo fanno invece Marzo Zullo e Ignazio Corrao che tuona: se non si dimettono «per me avranno la stessa credibilità di un Currò o di uno Scilipoti qualunque». E lo fa da Roma Di Maio, elogiando la Costituzione portoghese con il vincolo di mandato: «Chi cambia casacca tenendosi la poltrona dimostra di tenere a cuore solo il proprio status, il proprio stipendio e la propria carica».
Nel frattempo, dal blog di Grillo il deputato Manlio Di Stefano, in prima linea nell’avvicinamento a Putin contro le sanzioni, parte all’attacco della Nato e della sua «immonda strategia della tensione» nei confronti della Russia. Confida in Trump e ricorda che una proposta di legge alla Camera chiede «che la partecipazione dell’Italia alla Nato sia ridiscussa e sottoposta al giudizio degli italiani». Con un referendum consultivo, come quello invocato per l’euro.
A confermare il quadro di un M5S in implosione, c’è il rischio per la tenuta giuridica delle regole: se i giudici decidessero di annullare il contratto di Raggi (la decisione dovrebbe arrivare la prossima settimana), dopo il ricorso dell’avvocato Venerando Monello, potrebbe crollare il castello dei codici M5S. Penali comprese. Altre mine arrivano dalle amministrazioni locali: a parte Roma, c’è Palermo che dopo la vicenda firme false continua ad allarmare. È salito a tre su cinque il numero di chi ha dato forfait alla corsa a sindaco. Emorragie che preoccupano.
SUL BLOG DI GRILLO Di Stefano: «Dalla Nato immonda strategia della tensione nei confronti della Russia, la partecipazione dell’Italia va ridiscussa»
LA PARTITA SULLE REGOLE Codici a rischio se i giudici invalidassero il «contratto» di Raggi. Malumori anche a Palermo: nella corsa per il sindaco restano in due