Dai buyer «allerta» sui prezzi
a I buyer internazionali promuovono Pitti 91, pur in uno scenario complicato come quello attuale. Nel quale conta la creatività, sì, ma ad avere peso sono soprattutto qualità del prodotto, ricerca e prezzo. Perché il consumatore spende, ma solo se ne vale la pena.
Il primo a sottolineare l’importanza di un prezzo giusto per i prodotti made in Italy è Mario Dell’Oglio, titolare delle boutique Dell’Oglio di Palermo e presidente di Camera Buyer: «Nella moda si può acquistare un capo o un accessorio perché piace o emoziona, indipendentemente dal prezzo. Oggi, tuttavia, alcuni prodotti sono venduti a prezzi ingiustificati, alzati sulla scia di una staffetta tra top brand che non guardano più al mercato italiano - dice – . Stiamo ahimè abbandonando la possibilità di vendere un certo tipo di made in Italy in Italia, un mercato peraltro molto competente in termini di scelte d’acquisto». Dell’Oglio a Pitti ammette di aver trovato proposte valide: «Prodotti classici rivisti in chiave contemporanea, che piacciono molto ai giovani. I clienti finali oggi vogliono la contaminazione tra tailor made e tecnologia, classico e avant garde. A un prezzo giustificato».
Parla di prezzi anche Konstantin Andricopoulos, Development Director di Bosco di Ciliegi Group che opera in Russia sia attraverso department store di lusso come Gum sia come distributore di brand italiani, tra cui Ermenegildo Zegna ed Etro: «Con il rublo che ha perso valore sull’euro, è inevitabile che i nostri clienti oggi guardino l’etichetta
Cautela negli acquisti da parte dei russi, che restano scettici sul fenomeno delle collezioni « genderless »
di un capo e rimangano stupiti. Se però si trovano davanti un pezzo impreziosito da lavorazioni particolari e realizzato in materiali di altissima qualità il ragionamento cambia: sono disposti a spendere», dice. Andricopoulos è un habitué a Pitti Uomo: «Vengo da vent’anni: è una vetrina fondamentale, soprattutto se si dialoga con un mercato come quello russo dove il made in Italy ha grandissimo valore». La ripresa della Russia, intravista e soprattutto auspicata da molti imprenditori, non sarà immediata: «Nei consumatori sta tornando la fiducia – spiega – ma ci vorrà ancora un anno perché il mercato torni a crescere». Intanto i buyer di Bosco di Ciliegi cercano prodotti «ricercati ma soprattutto i ndossabili. Non come quelli che spesso si vedono sulle passerelle di Milano. Le collezioni genderless, per esempio, in Russia non hanno molto seguito perché l’estetica femminile e quella maschile continuano ad essere diverse».
Un altro volto sempre presente a Pitti Uomo è Eric Jennings, VP & Fashion Director, Menswear di Saks Fifth Avenue: «Altrove non c’è una fiera come questa. Noi siamo qui soprattutto per cercare potenziali partner produttivi per la nostra private label: il made in Italy per i nostri clienti è decisivo». Che, in un momento non facile per i department store americani, vogliono essere coccolati: «Per attirare i consumatori, vecchi e nuovi, è necessario offrire una shopping experience unica, che includa il digitale ma sappia dare qualcosa in più». Il team di Saks Fifth Avenue si sposta oggi a Milano per la quattro giorni di moda maschile: «Quest’anno il calendario per noi sarà più corto e quindi molto impegnativo. E ci sono molti cambiamenti in atto, come il ready-to-buy: per la prima volta non avremo lo show di Gucci durante la moda uomo. Per me è strano non andarci, certo, ma è un’evoluzione inevitabile: credo nella formula “see now buy now”».