Il sistema e i crediti delle good banks
L’eredità più pesante delle tre banche ponte che ricade sulla banca lombarda è rappresentata da circa 1,8 miliardi di inadempienze probabili. Crediti passati nel corso degli ultimi mesi alla condizioni di non performing: impieghi che potrebbero diventare sofferenze, se le condizioni dovessero peggiorare.
D’altra parte Ubi aumenta le proprie dimensioni del 20% a un costo che è sostanzialmente zero. L’aumento da 400 milioni dovrebbe infatti tornare indietro nel corso degli anni per la spalmatura del badwill. Nel contempo la banca aumenterà gli impieghi e la raccolta senza per questo dover accettare un compromesso sulla governance, che sarebbe invece il prezzo da pagare in caso di fusione con una banca (o più banche) in condizioni normali.
L’operazione non è priva di effetti negativi. Primo tra tutti forse il privarsi della possibilità di fare altre operazioni. Ma ciò che è certo che se Ubi riuscirà chiudere l’operazione in modo da creare valore, molto si dovrà al supporto del sistema bancario italiano. Che tramite Atlante si sta facendo carico dello smaltimento dei 2,2 miliardi di deteriorati. E che dovrà sborsare altri 450 milioni, tramite il Fondo di Risoluzione, per ricapitalizzare le tre banche ponte. Soldi che si vanno ad aggiungere ai 3,6 miliardi già erogati per ricapitalizzare le good banks a fine 2015. Forse proprio per questi motivi si può dire che il salvataggio non è stato fatto da Ubi.