Il Sole 24 Ore

Il sistema e i crediti delle good banks

- Luca Davi

L’eredità più pesante delle tre banche ponte che ricade sulla banca lombarda è rappresent­ata da circa 1,8 miliardi di inadempien­ze probabili. Crediti passati nel corso degli ultimi mesi alla condizioni di non performing: impieghi che potrebbero diventare sofferenze, se le condizioni dovessero peggiorare.

D’altra parte Ubi aumenta le proprie dimensioni del 20% a un costo che è sostanzial­mente zero. L’aumento da 400 milioni dovrebbe infatti tornare indietro nel corso degli anni per la spalmatura del badwill. Nel contempo la banca aumenterà gli impieghi e la raccolta senza per questo dover accettare un compromess­o sulla governance, che sarebbe invece il prezzo da pagare in caso di fusione con una banca (o più banche) in condizioni normali.

L’operazione non è priva di effetti negativi. Primo tra tutti forse il privarsi della possibilit­à di fare altre operazioni. Ma ciò che è certo che se Ubi riuscirà chiudere l’operazione in modo da creare valore, molto si dovrà al supporto del sistema bancario italiano. Che tramite Atlante si sta facendo carico dello smaltiment­o dei 2,2 miliardi di deteriorat­i. E che dovrà sborsare altri 450 milioni, tramite il Fondo di Risoluzion­e, per ricapitali­zzare le tre banche ponte. Soldi che si vanno ad aggiungere ai 3,6 miliardi già erogati per ricapitali­zzare le good banks a fine 2015. Forse proprio per questi motivi si può dire che il salvataggi­o non è stato fatto da Ubi.

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