Il Sole 24 Ore

Nickel , Giakarta apre all’export

- S.Bel.

pA tre anni esatti dal divieto di esportare minerali non lavorati, l’Indonesia ha invertito la rotta approvando nuove regole che consentono una parziale ripresa delle forniture. La decisione ha avuto un impatto soprattutt­o sul nickel, le cui quotazioni sono scivolate di oltre il 5% al London Metal Exchange, fino a 9.660 $/tonnellata (base tre mesi), il minimo dallo scorso settembre, salvo recuperare in seguito sulla scia dell’indebolime­nto del dollaro.

La normativa indonesian­aè entrata in vigore mercoledì con effetto immediato e comporta una serie di novità relative anche ad altri metalli, come il rame e l’alluminio. Secondo la Reuters, che ha diffuso per prima la notizia, i produttori di nickel e bauxite potranno d’ora in poi esportare purché abbiano impiegato nei loro impianti almeno il 30% di minerale di bassa qualità, ossia con meno dell’1,7% di nickel o meno del 42% di alluminio in concentrat­o per la bauxite. «Potranno vendere all’estero – ha precisato Bambang Gatot, direttore generale del ministero delle Miniere – nel caso in cui, considerat­a la capacità delle fonderie, non riescano ad assorbire tutta la produzione».

La legge del 2014 aveva invece chiuso del tutto le frontiere ai minerali grezzi, per stimolare la costruzion­e di fonderie in Indonesia e l’export di prodotti a maggior va- lore aggiunto. La misura ha dato qualche risultato: diverse società, in prevalenza cinesi, hanno investito per realizzare impianti nel Paese, spendendo oltre 15 miliardi di $ secondo l’associazio­ne locale di categoria. Il nickel si era spinto oltre 21mila $/tonn nella primavera del 2014, al record da due anni. I prezzi in seguito sono calati, ma sono tornati in tensione di recente, quando anche le Filippine - che avevano strappato a Giakarta il primato delle forniture mondiale – hanno dato un giro di vite al settore, chiudendo molte miniere per motivi ambientali (si veda il Sole 24 Ore del 9 luglio 2016).

La nuova normativa indonesian­a avrà conseguenz­e anche sulle operazioni di Freeport McMoRan, che controlla Grasberg, seconda miniera di rame al mondo dopo Escondida in Cile. La società USa, che finora esportava circa due terzi dell’output sotto forma di concentrat­i (ossia 300-400mila tonnellate­l’anno),percontinu­area farlo avrà bisogno di un permesso speciale, che potrà chiedere solo una volta convertito l’attuale contratto di lavoro in una nuova licenza mineraria. Il processo, assicura il ministro Ignasius Jonas, richiede «al massimo 14 giorni». Ma non tutti si fidano. E comunque a Freeport toccherà pagare anche nuove tasse e royalties da cui era finora esente. Inoltre dovrà cedere il 51% della sua divisione indonesian­a, invece del 30% richiesto in precedenza (e di cui ha finora ceduto solo il 9,36%).

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