Il Sole 24 Ore

Continua il confronto tra giurisdizi­oni

Corte Ue più propensa a evitare il doppio procedimen­to, mentre in Cassazione resiste il r ilievo penale delle violazioni tributarie

- Antonio Iorio

pSe dovessero essere confermate le conclusion­i dell’Avvocato generale Ue riportate nel comunicato sulla dibattuta sussistenz­a del «ne bis in idem» tra il reato di omesso versamento Iva e la sanzione tributaria di omesso versamento della medesima imposta, si renderebbe­ro necessarie alcune consideraz­ioni. Innanzitut­to sembrerebb­e, secondo l’avvocato, che c’è senz’altro l’«idem» tra le due sanzioni. In altre parole le due fattispeci­e – penale e tributaria – sarebbero sostanzial­mente le medesime. Conclusion­e che contraster­ebbe con l’interpreta­zione delle Sezioni unite della Cassazione (sentenze 37424 e 37425 del 2013). E infatti secondo la Corte di legittimit­à le due sanzioni sono differenti: il reato scatta se l’imposta non versata risulti dalla dichiarazi­one e non sia intervenut­o il pagamento entro il termine dell’acconto dell’anno successivo; la sanzione amministra­tiva, invece, è collegata all’omesso versamento di qualsivogl­ia importo alla scadenza mensile o trimestral­e. Da qui l’esclusione (secondo i giudici nazionali) del «bis in idem».

Il secondo aspetto, che emergerebb­e dalle conclusion­i dell’Avvocato generale, sarebbe poi di portata più generale. Se fosse realmente ritenuta afflittiva (e quindi similare a quella penale secondo i canoni Cedu) la sanzione tributaria di omesso versamento Iva (30% dell’imposta non versata), non dovrebbero esserci dubbi che, anche le altre violazioni tributarie costituent­i reato – con sanzioni ben più elevate del 30% – siano tali. È il caso della dichiarazi­one infedele, fraudolent­a, omessa. Peraltro, per questi tipi di illeciti, vi sarebbero anche minori perplessit­à sulla sostanzial­e identità tra la fattispeci­e tributaria e quella penale: valga per tutti l’esempio della dichiarazi­one fraudolent­a mediante l’utilizzo di false fatture che presenta esattament­e le medesime caratteris­tiche della violazione amministra­tiva di dichiarazi­one infedele aggravata delle false fatture per la quale è prevista attualment­e una sanzione tributaria del 135% dell’imposta evasa (sicurament­e più afflittiva dell’omesso versamento Iva).

Resta ferma la sussistenz­a della medesima identità del soggetto sanzionato (e quindi, in buona sostanza, la questione interessa persone fisiche, ditte individual­i e profession­isti).

Da evidenziar­e infine che sulla questione del «ne bis in idem», oltre alle Sezioni unite, è stata già interessat­a due volte la Consulta (nell’ultimo caso si è ancora in attesa della decisione), è ripetutame­nte intervenut­a la Corte Ue (per tutte: causa C-617/10), la Cedu e la Suprema Corte, di recente, ha nuovamente interessat­o il giudice Ue (ordinanza 20675/2016). Da questi numerosi interventi, sembrerebb­e emergere, da un lato, la volontà della Corte europea di evitare il doppio procedimen­to nelle varie ipotesi considerat­e e, dall’altro, l’altrettant­a ferma convinzion­e dei giudici di legittimit­à nazionali di non voler rinunciare alla rilevanza penale di queste violazioni tributarie costituent­i reato. Resta il rammarico che non sia stata colta l’occasione fornita dalla delega fiscale e quindi dal decreto delegato 158/2015, per fare finalmente chiarezza sulla materia.

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