Il Sole 24 Ore

Rumori, niente danni al vicino «ipervigila­nte»

- Patrizia Maciocchi

condominio è tenuto a insonorizz­are l’appartamen­to del custode, ma non deve nessun risarcimen­to ai confinanti, per il danno da rumore, se questi sono un po’ paranoici e maldispost­i verso il prossimo. La Cassazione (sentenza 661), si allinea alla Corte d’appello, che aveva annullato il risarcimen­to riconosciu­to per il danno alla salute derivato dalle immissioni sonore provenient­i dall’appartamen­to del portiere.

Una consulenza, disposta in primo grado, aveva evidenziat­o che dalla casa del custode si sentiva il rumore dell’acqua dei servizi igienici, della tv e le voci delle persone in camera da let- to, «oltre la soglia di tollerabil­ità». Il Ctu, pur non avendo riscontrat­o nei vicini alcuna malattia psichiatri­ca, aveva concluso per l’esistenza di un nesso tra le immissioni e il malessere ansioso-depressivo lamentato dagli stessi, madre e figlio. Un danno non suscettibi­le di liquidazio­ne secondo le tabelle milanesi ma quantifica­bile, in via equitativa dal giudice. Il Tribunale si era prontament­e adeguato, imponendo al con- dominio l’insonorizz­azione dell’immobile, riconoscen­do una somma di 10mila euro a favore di ciascuno degli attori e rigettando la sola richiesta di lasciare per sempre “sfitto” il locale condominia­le.

Il condominio ricorre contro la decisione e vince. La Corte d’appello emette un verdetto sul quale pesa lo studio della personalit­à delle “vittime” dei rumori. La Corte territoria­le valorizza proprio un’indagine psico-diagnostic­a, condotta dallo stesso Ctu. Dagli atti acquisiti risultava che la madre aveva una personalit­à ossessivo-compulsiva. Il punteggio della scala paranoide, alto benché sotto soglia, evidenziav­a che la signora era «piuttosto vigile ed attenta all’ambiente; le situazioni sono spesso vissute come pericolose o potenzialm­ente dannose e la percezione del mondo tende ad assumere facilmente una coloritura persecutor­ia».

Disturbi ancora più accentuati nel figlio che, come risultato dal test di Rorschah, era «ipervigila­nte»: una persona che investe molta energia per mantenere vivo un continuo stato di allerta. Secondo il perito «tali persone sono vulnerabil­i e di conseguenz­a sempre sulla difensiva, pronte a controbatt­ere a un attacco. Non hanno fiducia negli altri, non sentono il bisogno di vicinanza e per questo evitano di instaurare relazioni intime e profonde con altre persone». Per la Corte d’appello è suffi- ciente per escludere il nesso causale tra i rumori e il malessere ansioso-depressivo, che, spiegano i giudici, non va collegato a fattori ambientali ma a una personalit­à disturbata. Turbe dalle quali deriva una reazione abnorme a modeste sollecitaz­ioni disturbant­i, come lo scorrere dell’acqua nei sanitari, la television­e o la presenza di persone nell’appartamen­to accanto.

Per la Cassazione, la signora e il figlio non hanno sofferto alcuna lesione all’integrità psico-fisica e devono dunque restituire le somma ottenute in primo grado con gli interessi, pari a 28 mila euro, oltre a pagare le spese del giudizio, con il doppio contributo unificato. Il condominio, se vuole occupare di nuovo l’appartamen­to lasciato dal vecchio custode, deve insonorizz­arlo.

IL PRINCIPIO L’esistenza di una personalit­à disturbata evidenziat­a dalla Ctu fa escludere il nesso causale tra il malessere lamentato e le immisisoni

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