L’ultimatum dei sindacati e del Mise
Aferpi è arrivata l’ora delle spiegazioni. Questo, almeno, è quello che chiedono sindacati e il ministro dello Sviluppo ai vertici dell’azienda controllata dal gruppo algerino Cevital. L’ultimatum dei lavoratori è dei giorni scorsi. Il sindacato ha chiesto un incontro al ministero dello Sviluppo entro la settimana prossima, e ha già programmato uno sciopero.
Anche il ministro Carlo Calenda ha posto un ultimatum, chiedendo a Issad Rebrab un impegno formale sul rilancio di Piombino. «Ho scritto a Rebrab una lettera formale, dopo molti incontri, in cui ho chiesto nero su bianco l osta tusdell’ ottem peramento degli impegni che aveva preso - ha affermato nei giorni scorsi -. Credo che sia il momento di passare da piacevoli ed interessanti conversazioni a qualco- sa di scritto». Rebrab, come ribadito ieri n un’interrogazione a risposta immediata in Commissione attività produttive alla Camera «è stato formalmente invitato a fornire, con la massima tempestività, un piano industriale aggiornato e adeguato alla attuale situazione, tale da assicurare il rispetto degli obblighi di prosecuzione delle attività e di mantenimento dell’occupazione a suo tempo assunti».
Il commissario straordinario dell’ex Lucchini, Piero Nardi, ha sottolineato nella sua ultima relazione sulla gestione che «la mancanza di finanziamenti per il circolante» in Aferpi «potrebbe portare a un sostanziale blocco dell’attività produttiva nei primi mesi del 2017 con necessità di verifica dell’impegno», previsto dalla legge Marzano, «di proseguire per almeno un biennio le attività imprenditoriali. Il presidente Rebrab - lamenta Nardi - nulla dice circa l’apporto di capitale da parte del gruppo Cevital né i tempi per la sua esecuzione, con il completamento dell’aumento a 100 milioni e 50 milioni di finanziamento. Il tema è rilevante per lo sviluppo del progetto».
L’attività, a Piombino, è effettivamente vicina al blocco, con due treni praticamente fermi e il treno rotaie che marcia con una visibilità ridotta. In questi mesi Cevi- tal ha rispettato l’impegno legato al riassorbimento di tutto il personale dall’amministrazione straordinaria, ma i contratti di solidarietà, con i quali si sta governando la situazione in queste settimane, rischiano di non bastare se l’attività produttiva non riparte a pieno regime.
In questa situazione anche il percorso di riavvio dell’area a caldo, vero cardine del piano industriale di Cevital, rischia a maggior ragione di restare solo su carta (a oggi è stato raggiunto un accordo quadro con la tedesca Sms, in vista di una firma sul contratto di fornitura auspicata nei prossimi mesi). I traguardi concordati al momento della stipula del contratto di cessione, il 30 giugno del 2015, sono lontani. L’obiettivo strategico del piano prevedeva a regime una produzione di 2 milioni di tonnellate di prodotti finiti con acciaio prodotto da due forni elettrici. Il piano prevedeva quattro fasi: entro il 2017, produzione di laminati per un milione di tonnellate, acquisto dei semiprodotti e revamping del treno vergella e del Treno barre; sempre entro il 2017 era prevista l’installazione del nuovo forno elettrico da un milione di tonnellate. Dopo il 2017 si prevede il nuovo treno rotaie e travi e, sempre dopo il 2017, un altro forno da un milione di tonnellate.
L’AFFONDO Per il ministro Calenda serve un nuovo piano: «È arrivato il momento di passare da piacevoli conversazioni a qualcosa di scritto»