Ora l’euforia lascia il posto alla prudenza
Gli acquisti sono tornati sulle attività ritenute più caute cioè oro e obbligazioni
La cautela ha dominato i listini azionari già in avvio di settimana e si è accentuata dopo il primo discorso ufficiale di Donald Trump. Il Presidente degli Stati Uniti, infatti, non ha dato informazioni sul suo piano fiscale e il mercato è rimasto deluso. L’accenno alla “Border Tax”, che graverà sulle aziende che producono all’estero, ha rinvigorito un po’ il dollaro, ma nel complesso la conferenza ha placato gli entusiasmi per un programma politico annunciato molto espansivo e ha riportato gli acquisti sulle attività ritenute più prudenti: le obbligazioni e l’oro. I rendimenti dei titoli di Stato Usa si sono abbassati (prezzi e rendimenti si muovono in direzione opposta): il decennale sotto il 2,4% dai recenti massimi oltre il 2,6% e il biennale a meno dell’1,2%, dall’1,3% di dicembre. Wall Street, invece, si è presa una pausa (fino a giovedì, giorno di chiusura di Plus 24) e ha chiuso sul venerdì precedente in lieve calo (-0,5%).
Anche in Europa l’atteggiamento degli investitori è stato più misurato. I pochi dati macroeconomici in calendario hanno evidenziato una ripresa in atto ( la produzione industriale nell’Eurozona è salita a novembre del 3,2% su base annua, pure in Italia), eppure i flussi di capitale sono tornati in parte sulle obbligazioni. Il tasso di tutte le emissioni dell’Eurozona ha ripiegato, da quello dei Bund (il decennale è in area 0,25% dalla soglia dello 0,4% toccata nell’ultimo mese) a quello dei titoli di debito dei Paesi meno appetibili; il Btp ha planato verso l’ 1,8%, per poi recuperare di nuovo verso l’1,9%, nonostante la notizia della bocciatura del quesito referendario che avrebbe rimesso in discussione la legge sul lavoro ( Jobs Act) e la capacità italiana di rinnovarsi, e il buon esito delle aste del Tesoro per titoli a breve e a lungo termine. A infastidire il parterre obbligazionario ha contribuito la pubblicazione dei verbali dell’ultima riunione della Banca Centrale Europea, che rivela i contrasti in seno all’Autorità sulla sostenibilità degli stimoli monetari.
L’effetto combinato della vaghezza di Trump e dei timori per un mancato sostegno della Bce alla finanza e all’economia reale ha spinto l’Euro e indebolito il dollaro e il cambio ha riagganciato quota 1,06.