Germania, l’ossessione del digitale
L ’espressione “Industrie 4.0” è stata coniata per la prima volta alla Fiera di Hannover del 2011. Nel 2014, il Governo tedesco ne ha fatto uno dei dieci elementi della sua Agenda digitale. Nel 2015 è nata la Piattaforma digitale Industria 4.0. Oggi in Germania, Industria 4.0 è diventata una vera e propria ossessione. Berlino lo vede come lo strumento per assicurare il futuro della manifattura tedesca, che rappresenta il 23% dell’economia, e la sua supremazia sui mercati globali. Il percorso tuttavia procede non senza intoppi, fra la riluttanza di parte del Mittelstand, le imprese di medie dimensioni che costituiscono la spina dorsale dell’industria tedesca, la difficoltà a sviluppare, o a importare, il personale con le skills giuste per la quarta rivoluzione industriale, e la minaccia cinese, sotto forma di acquisizione di alcune delle punte di diamante dei settori chiave della nuova frontiera.
L’importanza che il Governo annette all’iniziativa strategica per l’industria 4.0 è testimoniato anche dal ruolo che la Germania ricopre quest’anno alla presidenza del G-20, il gruppo delle grandi potenze industriali e delle grandi economie emergenti: la digitalizzazione è uno dei tre temi di fondo, insieme all’aumento delle resilienza dell’economia attraverso le riforme strutturali e al “compact” per l’Africa. Proprio questa settimana, la presidenza del G-20, insieme all’Ocse, ha prodotto un decalogo di raccomandazioni sul tema della trasformazione digitale, dove alcuni degli elementi principali sono l’aumento dell’investimento nelle infrastrutture digitali, lo sviluppo di standard internazionali che consen- tano l’interoperabilità dell’industria 4.0 e dell’internet delle cose, il sostegno alle piccole e medie imprese nell’adozione delle tecnologie più sofisticate, anche attraverso un accesso più facile ai finanziamenti.
Ma tra le iniziative internazionali del Governo tedesco va segnalato anche l’incontro bilaterale di mercoledì prossimo a Berlino fra Germania e Italia, cui parteciperanno i ministri del- l’Industria, i rappresentanti del settore privato, compresi i presidenti delle due Confindustrie, e la cui importanza verrà suggellata dall’intervento dei due capi del Governo. Berlino vede un’affinità fra le strutture manifatturiere dei due Paesi, le più simili tra loro in Europa, che può trarre frutto dalla cooperazione sull’industria del futuro.
Complessivamente, l’investimento pubblico diretto sull’industria 4.0 dovrebbe ammontare a 500 milioni di euro, ma a monte di esso ci sono altri interventi sulla infrastruttura digitale, sulla quale la Germania è in ritardo e che è una delle poche voci di bilancio su cui il rigoroso ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, ha accettato di allargare i cordoni della borsa. Il Governo ha inoltre creato una serie di gruppi di lavoro su temi specifici come per esempio mobilità e sanità, a cui partecipano l’industria, il sindacato e quel gioiello della ricerca applicata che è la re- te dei centri Fraunhofer. Cento milioni di euro del ministero dell’Economia andranno direttamente alla ricerca e all’innovazione sull’industria 4.0. Lo stesso ministero ha anche creato una task force per venire incontro alle problematiche delle piccole e medie imprese in materia di sicurezza digitale e un’altra è stata creata dal ministero dell’Educazione per finanziare programmi di ricerca nella stessa area.
Non è un caso che alcune delle iniziative del Governo siano focalizzate sulle pmi. Il settore privato è perfettamente consapevole che il mantenimento del primato di molte imprese tedesche a livello mondiale passa dall’adozione dei principi di industria 4.0. L’investimento complessivo nei prossimi 10 anni sarà di 250 miliardi di euro, secondo stime dei consulenti di Bcg, pari all’1-1,5% del fatturato dell’industria tedesca. I vantaggi, secondo Bcg, sono altrettanto rilevanti: la produttività può aumentare nel settore dell’auto, che resta centrale per la manifattura in Germania, del 6-9%, e di oltre il 10% in altri settori, per esempio la meccanica e le macchine utensili, altri comparti dove la Germania gode di una leadership mondiale. L’occupazione, sempre secondo le stime di Bcg, può crescere del 6%, contraddicendo i timori di chi ritiene che la digitalizzazione dell’industria possa ridurre il numero degli occupati.
Nella prima linea di questa rivoluzione sono schierati però soprattutto i grandi gruppi tedeschi (Siemens per esempio ha creato da tre anni una divisione dedicata alla “fabbrica digitale”) e molti dei cosiddetti “campioni nascosti” della manifattura tedesca, imprese di medie dimensioni che tuttavia godono di un soli- do primato nelle rispettive aree di attività.
Parte del Mittelstand invece appare in ritardo: 4 imprese su 10, secondo uno studio pubblicato lo scorso anno da McKinsey, non avevano ancora una strategia per l’industria 4.0. Un ritardo che si deve in parte alla riluttanza al cambiamento in alcune di queste imprese a controllo familiare dove i proprietari sono in età avanzata, in parte alla mancanza di risorse, anche umane. Quest’ultima è un’altra delle grandi incognite sulle quali il Governo sta cercando di intervenire: la mancanza di personale specializzato, e soprattutto di ingegneri, che già affligge le imprese tedesche, rischia di essere aggravata dalle richieste della transizione all’industria 4.0.
Infine, il nodo che è venuto di recente alla ribalta prepotentemente nel dibattito politico in Germania è quello del controllo straniero di alcune delle imprese considerate chiave per favorire la conversione all’industria 4.0. L’industria tedesca è stata infatti oggetto, soprattutto nell’ultimo anno, di numerose acquisizioni da parte cinese, il che ha sollevato il timore che molte delle tecnologie essenziali per la quarta rivoluzione industriale possano essere sfruttate da altri, in particolare da Pechino, visto in Germania come un concorrente futuro potenzialmente molto pericoloso. La Cina sembra aver individuato alcuni obiettivi mirati, il più vistoso dei quali è stato il produttore di robot Kuka, acquisito nel 2016 da parte dell’investitore cinese Midea. Dopo le polemiche seguite e questa operazione, e messo sull’avviso da informazioni provenienti degli Stati Uniti, il Governo ha bloccato l’acquisto del produttore di semiconduttori Aixtron da parte di un altro investitore di Pechino e ha sollecitato l’Unione europea ad adottare regole comuni su questo tipo di operazioni. Nel bloccare l’acquisizione di Aixtron, la Germania ha invocato un interesse strategico e, a quanto pare, non c’è niente che in questo momento Berlino consideri strategico, in materia di politica industriale, quanto “Industrie 4.0”.
LE FORZE IN CAMPO Il Governo tedesco punta sulle infrastrutture mentre il settore privato è pronto a investire 250 miliardi di euro nei prossimi 10 anni