Tra scudo Bce e rischi politici
Uno dei punti di forza del rischio Italia, messo in evidenza da DBRS nel rapporto contenente le motivazioni del declassamento dalla A-low alla BBB-high, è l’elevata quota di titoli di Stato detenuta da italiani. «L’Italia gode di una base stabile di investitori domestici», sottolinea la nota, citando statistiche conservative, che attribuiscono al sottoscrittore italiano il 66,6% dei titoli di Stato italiani in circolazione, una percentuale «salita dal 56,7% del 2010», con il 29,7% dei bond governativi in mano alle banche italiane. Queste quote possono essere ancor più elevate tenendo conto dei titoli di Stato detenuti da italiani in conti esteri (e quindi un possesso esterovestito che Banca d’Italia stima in percentuali non irrisorie) e inserendo nei conteggi la percentuale di titoli italiani acquistati dall’Eurosistema tramite il QE.
Il ragionamento degli esperti del merito di credito sovrano di DBRS è perfettamente in linea con quello dei mercati: l’altissimo debito/Pil italiano al 133%, e l’ammontare senza equali in Europa di aste lorde annuali , 400-450 miliardi di titoli di Stato italiani da piazzare, mettono meno paura sapendo che buona parte del debito pubblico è collocato in casa.
I titoli di Stato italiani acquistati prevalentamente da italiani rassicurano mercati e agenzie di rating. Ma questo dovrebbe far stare meno tranquilli gli italiani.
Motivo di preoccupazione declinata al futuro e tutta italiana sta nella grossa fetta di titoli di Stato detenuta dalle banche italiane, che può trasformarsi in un punto di debolezza nel momento in cui, nel corso del cammino dell’Unione bancaria, l’esposizione al rischio sovrano delle banche dovesse perdere il suo status di credit risk free e richiedere un accantonamento di capitale calibrato surating esterni o interni(cosa che ora non avviene).
È invece il presente che deve dare motivo di apprensione agli italiani. Tanto maggiore e in crescita è la quota di titoli di Stato posseduta dagli italiani, tanto minore e in calo è quella posseduta da investitori esteri. E questo non può essere un vanto: l’Italia è meno appetibile e i non-residenti che acquistano BTp lo fanno in un’ottica di breve termine, di trading, di opportunità e opportunismo, anche legato alle certezze degli acquisti del QE della Bce che è divenuto uno scudo di protezione sul rischio-Italia e che tornerà utile domani all’apertura dei mercati dopo il declassamento. La ritirata estera dai BTp è un punto di debolezza. E se gli stranieri entrano, lo fanno con la valigia in mano.
Il “mood” sul rischio-Italia sta cambiando, e non in positivo. Come riflette la più recente attività sui rating. Il 2016 doveva essere l’anno della tanto ambita promozione di outlook o di rating: dopo una lunga serie di declassamenti, il rischio-Italia si era stabilizzato (per l’appunto con outlook stabili dalle quattro grandi agenzie) . E da lì poteva migliorare. Questo momentum si è perso. Verso fine 2016 l’Italia ha incassato il rating under review di DBRS (agosto) e l’outlook negativo di Fitch (ottobre) e Moody’s (dicembre). L’Italia, che fino a venerdì restava appesa all’unica singola “A” ora resta appesa alla “BBB-” con outlook stabile di S&P’s, la più severa e temuta delle agenzie di rating perchè pone l’Italia a un solo gradino di distanza dal mondo dei junk.
Come ha fatto l’Italia a perdere quel momento magico di “quasi promozione”? Non tanto per i problemi arcinoti della debole crescita, bassa produttività, scarsa competitività, eccesso di burocrazia, i l divario tra Nord e Sud, la disoccupazione. Il rischio-Italia si è aggravato negli ultimi mesi per il problema irrisolto delle sofferenze bancarie, che continuano ad essere ritenute nocive per l’erogazione di nuovo credito, essenziale per l’economia. Ed è peggiorato perchè agli occhi dei mercati e delle agenzie di rating, il Paese si è arenato politicamente, lo scenario politico «ha troppe, troppe incognite», come ha rimarcato Dbrs. L’Italia da l’impressione di aver smesso di camminare a passo sostenuto nella giusta direzione, che è quella di varare e implementare nel minor tempo possibile un ampio programma di riforme strutturali per rafforzare la crescita. Resta vulnerabile ed esposta agli shock, nonostante lo scudo del QE della Bce: Brexit, Trump, le elezioni in Francia, Germania e Olanda, il M5S al potere, un declassamento di S&P’s (che lo minaccia se l’Italia dovesse inforcare la retromarcia sulle riforme), il terrorismo. Di shock potenziali, ne è pienono il 2017.