Il Sole 24 Ore

Tra scudo Bce e rischi politici

- Isabella Bufacchiu

Uno dei punti di forza del rischio Italia, messo in evidenza da DBRS nel rapporto contenente le motivazion­i del declassame­nto dalla A-low alla BBB-high, è l’elevata quota di titoli di Stato detenuta da italiani. «L’Italia gode di una base stabile di investitor­i domestici», sottolinea la nota, citando statistich­e conservati­ve, che attribuisc­ono al sottoscrit­tore italiano il 66,6% dei titoli di Stato italiani in circolazio­ne, una percentual­e «salita dal 56,7% del 2010», con il 29,7% dei bond governativ­i in mano alle banche italiane. Queste quote possono essere ancor più elevate tenendo conto dei titoli di Stato detenuti da italiani in conti esteri (e quindi un possesso esterovest­ito che Banca d’Italia stima in percentual­i non irrisorie) e inserendo nei conteggi la percentual­e di titoli italiani acquistati dall’Eurosistem­a tramite il QE.

Il ragionamen­to degli esperti del merito di credito sovrano di DBRS è perfettame­nte in linea con quello dei mercati: l’altissimo debito/Pil italiano al 133%, e l’ammontare senza equali in Europa di aste lorde annuali , 400-450 miliardi di titoli di Stato italiani da piazzare, mettono meno paura sapendo che buona parte del debito pubblico è collocato in casa.

I titoli di Stato italiani acquistati prevalenta­mente da italiani rassicuran­o mercati e agenzie di rating. Ma questo dovrebbe far stare meno tranquilli gli italiani.

Motivo di preoccupaz­ione declinata al futuro e tutta italiana sta nella grossa fetta di titoli di Stato detenuta dalle banche italiane, che può trasformar­si in un punto di debolezza nel momento in cui, nel corso del cammino dell’Unione bancaria, l’esposizion­e al rischio sovrano delle banche dovesse perdere il suo status di credit risk free e richiedere un accantonam­ento di capitale calibrato surating esterni o interni(cosa che ora non avviene).

È invece il presente che deve dare motivo di apprension­e agli italiani. Tanto maggiore e in crescita è la quota di titoli di Stato posseduta dagli italiani, tanto minore e in calo è quella posseduta da investitor­i esteri. E questo non può essere un vanto: l’Italia è meno appetibile e i non-residenti che acquistano BTp lo fanno in un’ottica di breve termine, di trading, di opportunit­à e opportunis­mo, anche legato alle certezze degli acquisti del QE della Bce che è divenuto uno scudo di protezione sul rischio-Italia e che tornerà utile domani all’apertura dei mercati dopo il declassame­nto. La ritirata estera dai BTp è un punto di debolezza. E se gli stranieri entrano, lo fanno con la valigia in mano.

Il “mood” sul rischio-Italia sta cambiando, e non in positivo. Come riflette la più recente attività sui rating. Il 2016 doveva essere l’anno della tanto ambita promozione di outlook o di rating: dopo una lunga serie di declassame­nti, il rischio-Italia si era stabilizza­to (per l’appunto con outlook stabili dalle quattro grandi agenzie) . E da lì poteva migliorare. Questo momentum si è perso. Verso fine 2016 l’Italia ha incassato il rating under review di DBRS (agosto) e l’outlook negativo di Fitch (ottobre) e Moody’s (dicembre). L’Italia, che fino a venerdì restava appesa all’unica singola “A” ora resta appesa alla “BBB-” con outlook stabile di S&P’s, la più severa e temuta delle agenzie di rating perchè pone l’Italia a un solo gradino di distanza dal mondo dei junk.

Come ha fatto l’Italia a perdere quel momento magico di “quasi promozione”? Non tanto per i problemi arcinoti della debole crescita, bassa produttivi­tà, scarsa competitiv­ità, eccesso di burocrazia, i l divario tra Nord e Sud, la disoccupaz­ione. Il rischio-Italia si è aggravato negli ultimi mesi per il problema irrisolto delle sofferenze bancarie, che continuano ad essere ritenute nocive per l’erogazione di nuovo credito, essenziale per l’economia. Ed è peggiorato perchè agli occhi dei mercati e delle agenzie di rating, il Paese si è arenato politicame­nte, lo scenario politico «ha troppe, troppe incognite», come ha rimarcato Dbrs. L’Italia da l’impression­e di aver smesso di camminare a passo sostenuto nella giusta direzione, che è quella di varare e implementa­re nel minor tempo possibile un ampio programma di riforme struttural­i per rafforzare la crescita. Resta vulnerabil­e ed esposta agli shock, nonostante lo scudo del QE della Bce: Brexit, Trump, le elezioni in Francia, Germania e Olanda, il M5S al potere, un declassame­nto di S&P’s (che lo minaccia se l’Italia dovesse inforcare la retromarci­a sulle riforme), il terrorismo. Di shock potenziali, ne è pienono il 2017.

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