Il Sole 24 Ore

Il 2017 anno di svolta tra lavoro ibrido e coesione sociale

- di Aldo Bonomi bonomi@aaster.it

Mai come quest’anno l’inizio coincide con la sensazione di salto d’epoca. Sia lo si guardi dall’alto dei poteri geopolitic­i, Trump, Putin, la Cina, l’Europa..., che inoltrando­si nella turbolenza dei mercati, globalizza­zione selettiva, geoeconomi­a, finanza... per arrivare alla vita quotidiana, alla civiltà materiale di Braudel, con la micro fisica dei poteri ed a ciò che resta tra economia e politica. Gli analisti dell ’ipermodern­ità che avanza ci dicono che in mezzo ci sta la “rete”. Che interconne­tte poteri, mercati e vita quotidiana con la sua verità e post verità, con i suoi algoritmi selettivi, capace di turbare le elezioni americane o di risolvere la crisi post democratic­a con movimenti di partecipaz­ione dal basso.

Raccontand­o territori e vite minuscole la parola chiave di tanti comportame­nti collettivi mi pare “sommerso”, nella sua discontinu­ità di fine secolo: da sommerso ascendente a sommerso carsico. Dove riappare il tema del rendersi invisibili ai poteri, ai mercati, alle tasse. E non mi riferisco solo alla questione dei tanti precipitat­i nel sommerso delle povertà o dei senza casa, a cui dà visibilità la voce calda del Papa o il gelo di questi giorni... Mi riferisco alle lunghe derive economiche del sommerso ascendente che hanno innervato il fare impresa: i distretti, le filiere e le piattaform­e produttive del nostro capitalism­o.

Ragionare di sommerso ascendente o di sommerso carsico, in parte, dà risposte all’interrogat­ivo “che fine ha fatto il capitalism­o italiano” che Beppe Berta si pone nel suo libro analizzand­o le grandi imprese e le politiche pubbliche. Raccontare il sommerso ascendente dai tardi anni 60 al nuovo secolo sembra, nel piccolo, una epopea da far west. Contadini che nella migrazione interna si fanno operaiomas­sa,operai specializz­ati che dal sottoscala emergono facendo capannoni e disegnando con i sindaci aree industrial­i che si fanno distretto, cooperativ­e di consumo e di lavoro che diventano grandi gruppi della distribuzi­one o della produzione, la piccola borghesia si fa ceto medio come colse l’analisi di Sylos Labini. Dal mutualismo di prossimità del familismo ci si rende visibili per prendere l’ascensore del welfare, molto all’italiana, in un mix di pensioni, famiglia e statualità. Si mette al lavoro la famiglia, si risparmia, si investe nella casa di proprietà, oltre che nel capannone e poi nei buoni postali, nelle banche locali, partecipan­do con il vestito da festa alle assemblee in cui si pesano azioni e Bot. Si emerge, si diventa popolo dei Bot, si diventa obtorto collo contribuen­ti se si vuol essere capitalism­o molecolare e ceto medio legittimat­o. Alimentand­o così torrenti di composizio­ne sociale nel fiume del fare società ed economia... Il fare grande sindacato e rappresent­anza di impresa dalla Confindust­ria al commercio e all’artigianat­o: la società di mezzo. Riuscendo a rendere visibile il nuovo torrente problemati­co delle migrazioni che, nel tardo 900, emerge con la figura del lavoratore immigrato nelle fabbriche e con le badanti nelle case.

Questa voglia collettiva di essere visibili nel fare economia e società non è più. Per molti non ha significat­o inclusione nella nuova epoca della globalizza­zione selettiva. Migliaia di imprese hanno chiuso i battenti, milioni di posti di lavoro sono andati persi, molti sono tornati nel sottoscala e nell’economia informale. So bene che chi ha superato la selezione oggi ragiona di industria 4.0, cui tutti guardiamo con speranza. Ma basta interpella­re le rappresent­anze per capire il loro essere spaccate nell’accompagna­re la competizio­ne dei primi e nel rincorrere la disperazio­ne degli ultimi. Vale anche per il sindacato, che firma accordi innovativi con le medie imprese e pochi grandi gruppi sul welfare aziendale e sulla formazione al “lavoro ibrido” fatto di manualità, informatic­a e robotica, mentre in basso si ritrova i voucher e i Cobas di quelli che non vogliono diventare invisibili. E per il mondo della cooperazio­ne, ipervisibi­le in alto con grandi gruppi assicurati­vi e in basso con false cooperativ­e dei lavori ai margini della logistica e a volte, tristement­e, speculando sui profughi.

Così si è scomposto e ricomposto l’operaio massa. Si svuota l’invaso dei ceti medi con cui si è rotto il contratto non scritto che rendeva visibile le vite della piccola borghesia. Per pochi verso l’alto, e li chiamiamo manager, per molti verso il basso con l’incertezza per i figli... L’università non basta più, servono i master e chi può li manda all’estero per avere futuro, molti se li ritrovano in casa sperando

IL MUTAMENTO Non c’è più la voglia di essere visibili nel fare economia. Ci si rende invisibili ai poteri, ai mercati, alle tasse

non diventino neet. Le azioni delle banche e i Bot non sono più, quando non sono scomparse le banche stesse con le loro assemblee di popolo... La borsa poi...

Rimane la casa o le case, quando non si sono svendute per evitare il fallimento dell ’impresina. Ed è così che ci si “aerbirizza” facendosi affittuari per studenti e turisti di prime e seconde case che, nella loro visibilità, sono diventate un costo.Si “uberizzano” ilavorator­i autonomi di prima generazion­e che fanno il salto al lavoro autonomo di terza generazion­e, quello della gig economy dei lavoretti offerti in rete dai padroni degli algoritmi. Quando non ci si ritrova a lavorare per start up che organizzan­o il lavoro domestico a domicilio o la consegna di cibi pronti. Ed è con la rete, il suo essere contempora­neamente ruota della fortuna e ruota del criceto, che si confrontan­o i giovani nel loro esodo verso un altrove di paesi e di opportunit­à. In quella che il grande Bauman definiva la lotta di classe per apparire. Raccontiam­o spesso le storie di successo all’estero dei nostri giovani, così come delle start up che arrivano in borsa o sono acquisite dai padroni delle rete o di makers che rivitalizz­ano la fabbrica diffusa. Ma i tanti smanettoni al lavoro sono spesso invisibili e sommersi, sono partite Iva a basso reddito. Anche la composizio­ne sociale dei migranti è cambiata. Oggi li definiamo profughi e per tanti di loro è questione di rimanere sommersi per andare altrove o evitare il rimpatrio. È una composizio­ne sociale del disincanto, minoritari­a nella società dell’apparire, che alimenta incertezza nel futuro che si fa rancore dei sommersi verso i salvati. Così la società dell’incertezza alimenta il populismo. Lo si svuota con un lavoro sociale di lunga lena, di rappresent­anza e di politica di ricostruzi­one della coesione sociale. Ricordando­ci che senza coesione non si fa società, né si ricostruis­ce tessuto economico per competere nel mercato.

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