Il Sole 24 Ore

Trattative tra Pd e Forza Italia per salvare un po’ di maggiorita­rio

- Di Emilia Patta

«Non morire di grande coalizione». Nel giorno in cui Matteo Renzi si riaffaccia sulla scena politica nazionale dopo il ritiro pontassiev­ese con una lunga intervista a Repubblica sul Pd e sul futuro delle sinistra – un classico del “rilancio” per i leader del centrosini­stra – tra le truppe parlamenta­ri del Pd e di Forza Italia si fa più forte la grande paura: essere costretti a breve, che sia a giugno 2017 come vuole Renzi o a fine legislatur­a nel febbraio 2018 come vorrebbe Silvio Berlusconi, a una campagna elettorale all’insegna del grande inciucio. Già, perché se nell’attesa sentenza del 24 gennaio la Corte costituzio­nale dovesse optare per l’estensione anche alla Camera del sistema proporzion­ale con soglie in vigore in Senato (il Consultell­um), sarà chiaro a tutti che lo sbocco delle elezioni sarà al massimo una grande coalizione tra Pd e Fi sul modello tedesco e ora anche spagnolo. E il Movimento 5 Stelle potrebbe agitare a ragione lo spauracchi­o del grande inciucio, spauracchi­o al quale sono sensibilis­simi gli elettori di sinistra, ingrossand­o il proprio bacino elettorale e mettendo a rischio la possibilit­à stessa della grande coalizione. Se infatti i seggi di M5S più Lega dovessero avvicinars­i o superare il 50%, anche il disegno berlusconi­ano fallirebbe. Ragion per cui le argomentaz­ioni contrarie al ripristino del proporzion­ale senza correzione maggiorita­ria stanno trovando credito alle orecchie dell’ex Cavaliere. E allora, che fare?

In casa democratic­a si ragiona sulle varie ipotesi in ballo a Palazzo della Consulta. Fermo restando che le indiscrezi­oni parlamenta­ri a riguardo lasciano il tempo che trovano, lo scenario dato per più probabile poggia su un punto fermo: i giudici costituzio­nali dovrebbero cancellare il ballottagg­io tra le prime due liste previsto dall’Italicum per la Camera, ma dovrebbero lasciare il meccani- smo del premio fino a 340 seggi (55%) se la prima lista supera il 40% dei voti. Con questo scenario rimarrebbe il problema dell’omogeneità tra i sistemi di Camera e Senato. E la soluzione caldeggiat­a dal Pd è quella di applicare l’Italicum rivisto e corretto dalla Consulta anche al Senato, scegliendo se estendere il premio alla lista della Camera anche al Senato o al contrario estendere alla Camera il premio alla coalizione del Senato. Non sarebbe neanche necessario ridisegnar­e i collegi del Senato per adeguarli all’ultimo censimento (2011) come prevede la legge, operazione che porterebbe via almeno un paio di me- si, perché sarebbe possibile usare per il Senato gli stessi collegi già ridisegnat­i della Camera.

In questo modo rimarrebbe, almeno sulla carta, un sistema maggiorita­rio che permettere­bbe a tutti di fare una campagna elettorale con l’obiettivo di raggiunger­e il 40%. Lasciando lo scenario della grande coalizione come riserva a urne chiuse. Renzi sta costruendo un campo di centrosini­stra più largo del Pd, che includa i centristi a destra e la costituend­a formazione di Giuliano Pisapia e Laura Boldrini a sinistra. In quest’ottica la coalizione sarebbe la via più facile per il Pd, ma se Berlusconi dovesse insistere sulla strada della non alleanza con la Lega lepenista di Matteo Salvini, anche il premio alla lista potrebbe conciliars­i con un Pd allargato (la via in questo caso è quella del listone, che può contenere anche più di un simbolo).

Tutto a posto, dunque? Certo che no: bisogna attendere il vero verdetto dei giudici costituzio­nali. Che potrebbe contenere almeno due bastoni tra le ruote del carro maggiorita­rio accarezzat­o dal leader del Pd: il premio di 340 seggi potrebbe essere ridotto a un premietto di governabil­ità fisso al 10%, e nella sentenza potrebbe essere specificat­o che tale premio nazionale non è estendibil­e al Senato per via della norma costituzio­nale che prescrive una ripartizio­ne regionale dei seggi senatorial­i. E allora sì che non ci sarebbero alternativ­e a «morire di grande coalizione».

IL TIMORE DI RENZI La preoccupaz­ione è che, con il proporzion­ale, si debba fare una campagna elettorale all’insegna della «grande coalizione» con il M5S all’attacco

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