Proroga per Del Sette e i vertici militari
Proroga per i vertici di Difesa, Esercito, Arma. E altre nomine in arrivo nelle prossime settimane. Ieri il Consiglio dei ministri ha prorogato Claudio Graziano, capo di Stato maggiore della Difesa, fino al 22 novembre 2018: potrà così concorrere al posto di chairman del comitato militare della Nato.
Per Graziano c’è anche l’ipotesi di portavoce del comitato militare di Bruxelles o l’approdo, con la sua esperienza, in una prestigiosa istituzione della Repubblica. Un anno in più, poi, per il comandante generale dei Carabinieri, Tullio Del Sette - nuova scadenza incarico, 15 gennaio 2018 - e il capo di Stato maggiore dell’Esercito, Danilo Errico, finirà il 25 gennaio 2018. Quando era premier, Matteo Renzi li nominò per due anni. L’esecutivo di Paolo Gentiloni ripristina la prassi del triennio, periodo considerato sufficiente per un’adeguata pianificazione militare. Superata anche l’obiezione dell’incarico oltre l’età di pensionamento - Renzi era contrario - in base a un’intepretazione dell’ordinamento militare.
La proroga più attesa, incerta solo in apparenza, era quella per Del Sette. Vista la sua iscrizione nel registro degli indagati decisa dalla procura di Napoli per favoreggiamento e rivelazione del segreto istruttorio nell’inchiesta su un appalto Consip. Alcuni giorni fa i vertici dei giudici inquirenti di Roma e Napoli si sono visti nella capitale. Di comune accordo, l’ufficio guidato da Giuseppe Pignatone ha acquisito molti fascicoli dei colleghi napoletani e andrà avanti con tutti i necessari approfondimenti. Il comandante generale dell’Arma, peraltro, si è presentato in procura a Roma a fine dicembre per rendere dichiarazioni spontanee.
Ma il governo non ha avuto mai dubbi sulla fiducia a Del Sette. E aveva condiviso la sua proroga, come le altre, sia con le opposizioni - M5S tuttavia ha protestato e ha definito «inaccettabile» la proroga per il numero uno dell’Arma - sia, soprattutto, con il Quirinale. Com’era scontato. Sulle scelte di ieri - oltre a Gentiloni, i ministri della Difesa, Roberta Pinotti, e dell’Interno, Marco Minniti - è poi prevalso il criterio di proroghe annuali, anzichè nuovi incarichi, magari di lunga durata, per non spiazzare il governo subentrante: in arrivo, al massimo, nel 2018 a scadenza di legislatura. Il pacchetto di nomine, tuttavia, non è esaurito. Oltre a quella recente, il 9 gennaio, del nuovo capo di gabinetto della Difesa, il generale di squadra aerea Alberto Rosso, il governo deve nominare il prefetto di Milano - Alessandro Marangoni è andato in pensione dal 1° gennaio - ed è prossimo alla scadenza anche Paolo Ciocca, vicedirettore del Dis (dipartimento informazioni e sicurezza). Certo il 2018 è un anno di ingorgo di sca- denze: oltre i vertici di ieri finiscono il mandato - biennale secondo l’indicazione e la nomina di Renzi - il capo del Dis, Alessandro Pansa; dell’Aisi, Mario Parente; della Polizia, Franco Gabrielli; della Finanza, Giorgio Toschi; dell’Aeronautica, Enzo Vecciarelli; della Marina, Valter Girardelli. E dell’Aise, Alberto Manenti, al termine dell’incarico quadriennale.
Ieri il Consiglio dei ministri ha confermato viceministri Mario Giro (Esteri), Filippo Bubbico (Interno), Luigi Casero ed Enrico Morando (Economia e finanze), Teresa Bellanova (Sviluppo economico), Andrea Olivero (Politiche agricole) e Riccardo Nencini (Infrastrutture e trasporti).